
Foto ©PRO MUSICA/Sören L. Schirmer
Era da diverso tempo che non ascoltavo in concerto Hélène Grimaud. La cinquantaquattrenne pianista provenzale si è affermata negli ultimi tre decenni non solo come concertista di alto livello ma è anche attiva come scrittrice e appassionata ambientalista, e i suoi album registrati per la Deutsche Grammophon, con la quale dal 2003 ha un contratto di esclusiva, hanno sempre fatto registrare grandi successi di vendite e un generale apprezzamento da parte della critica. Dopo alcuni anni dalla sua ultime esibizione da queste parti, Hélène Grimaud è tornata alla Liederhalle per un recital solistico della stagione organizzata dalla società StuttgartKonzert, nel quale ha presentato il programma dedicato agli autori tedeschi già eseguito a Berlino e che porterà in tournée nei prossimi mesi.
Prima di raccontare le mie impressioni sulla serata, devo premettere che non sono mai stato un convinto ammiratore della pianista francese, che ho sempre trovato molto elegante e comme il faut nel modo di suonare ma anche abbastanza carente sul piani della comunicativa, tanto che le affermazioni di certi critici secondo i quali il suo pianismo avrebbe qualcosa in comune con quello di Glenn Gould mi sono sempre sembrate altamente improbabili. Non ho mai trovato nulla di eccentrico nelle interpretazioni della Grimaud, che anzi mi è sempre apparsa improntata a un approccio esecutivo politically correct e tendenzialmente incline a rimanere nei binari della tradizione. La lettura della Sonata op. 109 di Beethoven, primo brano del programma, mi ha confermato ulteriormente la mia opinione. Precisione esecutiva impeccabile, perché Hélène Grimaud ha senza il minimo dubbio una tecnica di quelle che i critici tedeschi definiscono souveräne, ma quasi nulla di nuovo o di personale dal punto di vista interpretativo, soprattutto nel terzo movimento che non aveva proprio nulla del Gesangvoll mit innigster Empfindung prescritto dall’ autore. Le cose non sono cambiate di molto con i Drei Intermezzi op. 117 di Brahms, anch’ essi eseguiti in modo terribilmente freddo e senza il minimo abbandono nella definizione delle linee melodiche.
Dopo la pausa, Hélène Grimaud ha progressivamente trovato il tono giusto e l’ esecuzione delle brahmsiane Sieben Fantasien op. 116 è apparsa molto più partecipe e ispirata. Soprattutto è sembtata molto ben riuscita la messa in evidenza della predominanza del melodismo di queste pagine in cui Brahms evoca una freschezza ingenua, giovanile e carica di nostalgia. Senza alcuna pausa la pianista ha poi attaccato la Ciaccona in re minore dalla Partita BWV 1004 di Bach nel celebre arrangiamento pianistico di Ferruccio Busoni. Nelle trentadue variazioni di cui si compone il pezzo, la Grimaud ha trovato finalmente accenti espressivi chiari e convincenti, come se dai suoni finalmente emergesse una verità. L’ esecuzione ha scatenato l’ entusiasmo del pubblico della Liederhalle, che aveva applaudito moderatamente gli altri pezzi, e la virtuosa provenzale ha divuto concedere tre bis. Una bella conclusione per una serata che sino a quel momento non era apparsa entusiasmante.
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