Stuttgarter Philharmoniker – Noa Wildschut e Dan Ettinger

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Foto ©Mozart2006

Tra i numerosi giovani violinisti di talento che la generazione dei cosiddetti millennials sta producendo, avevo spesso sentito fare dalla stampa il nome di Noa Wildschut, ventiduenne olandese nata a Hilversum, uscita da scuole di prestigio come il Conservatorio di Amsterdam e poi la Hochschule für Musik Hans Eisler di Berlino, scoperta e sostenuta finanziariamente nei suoi studi dalla fondazione di Anne-Sophie Mutter che l’ ha voluta per cinque anni nel gruppo dei Mutter Virtuosi. La Wildschut aveva già suonato a Stuttgart in un concerto all’ aperto nel parco di Killesberg poco dopo la fine del lockdown, ma io attendevo di valutarla in un’ occasione più attendibile di quelle serate fake che abbiamo dovuto sopportare sino a due anni fa, da cui molto difficilmente si poteva ricavare un giudizio sulle qualità di un artista. La possibilità di riascoltarla in un concerto realizzato come si deve si è presentata in una serata tenuta insieme agli Stuttgarter Philharmoniker sotto la direzione di Dan Ettinger, con un programma interamente mozartiano. Per questa sua esibizione alla Liederhalle la giovane violinista olandese ha presentato il Concerto in la maggiore K. 219, un brano incluso nel suo CD registrato sei anni fa, a soli 16 anni, per la Warner Classic. Per quanto mi riguarda, posso sicuramente dire che l’ ascolto dell’ esecuzione ha confermato pienamente le impressioni che mi ero fatto ascoltando il CD. A giudicare da quanto abbiamo sentito in questa occasione, si tratta davvero di una violinista in possesso di una classe tecnica e interpretativa di rilievo. Il suono è di bella qualità, omogeneo e limpido in tutta la gamma, e le capacità di fraseggiare e far cantare lo strumento sono davvero ragguardevoli, come si è sentito in particolare nel porgere il bellissimo Adagio, in MI e SI maggiore, che è forse il momento più ispirato del Concerto. La preparazione tecnica è assolutamente impeccabile, la condotta dell’ arco la fluidità e l’ eleganza nei passi virtuosistici sono sicuramente quelle di una strumentista di alta classe, che potrebbe davvero arrivare a posizioni di primo piano nei prossimi anni.

Noa Wildschut suona Mozart con un’ eleganza, una raffinatezza e un’ autorità espressiva che raramente si possono riscontrare in una musicista cosí giovane. La lama di suono argenteo che la ragazza di Hilversum è capace di trarre dal suo strumento, lo splendido Guadagnini del 1750 già appartenuto a Joshua Bell, costituisce una splendida base per un fraseggio espressivo, ricco di sfumature preziose e cesellato con grande raffinatezza ed impeccabile eleganza. Notevolissima in questa esecuzione era anche e soprattutto la capacità di conferire il massimo rilievo all’ espansione lirica derivata dalla cantabilità operistica che costituisce la caratteristica peculiare del modo in cui Mozart scrive per il violino. Dal punto di vista tecnico, una delle cose più belle che abbiamo ascoltato dalla Wildschut in questa serata era la splendida realizzazione del doppio trillo che conclude l’ Adagio, oltre alla perfetta esecuzione delle cadenze, che erano quelle di Joseph Joachim. L’ accompagnamento orchestrale di Dan Ettinger si segnalava per accuratezza e capacità di modellare il suono in perfetta sintonia con la parte del violino, come sempre riesce a fare il direttore israeliano nei concerti in cui collabora con un solista.

Il ciclo principale di concerti in abbonamento di questa stagione degli Stuttgarter Philharmoniker si intitola Mythos Orient e ha per filo conduttore la scelta di musiche contenenti citazioni o spunti stilistici provenienti dalla cultura extraeuropea. Per questo motivo, oltre al Concerto K. 219 con le sue turqueries contenute nel Finale, la pima parte prevedeva l’ esecuzione dell’ Ouverture da Die Entführung aus dem Serail, il Singspiel che costituisce il più compiuto omaggio di Mozart a questa moda. L’ interpretazione di Dan Ettinger era abbastanza vivace e ricca di carica teatrale, oltre che ben suonata dall’ orchestra come la celebre Sinfonia in do maggiore K. 551 Jupiter che occupava la seconda parte del programma. Nel movimento iniziale, era ottima l’ incisività con cui veniva esposto il tema di attacco, seguito dalle due idee contrastanti di cui la seconda è una citazione dell’ Arietta K. 541 Un bacio di mano. La lettura di Ettinger si caratterizzava anche per le sonorità orchestrali più dense e corpose rispetto a quelle degli ensemble storicamente informati, anche per la scelta di un organico orchestrale più nutrito. Buona comunque la resa dei passaggi contrappuntistici, che la condotta impostata dal direttore sottolineava puntualmente in tutti i particolari. La cantabilità fervida dell’ Adagio, eseguito come un Recitativo e Aria d’ opera, per la cura posta nel mettere in risalto le linee melodiche e lo scrupoloso rispetto degli accenti, la vivacità incisiva del fraseggio e la lucidità nell’ evidenziare i passaggi contrappuntistici del Finale erano le altre caratteristiche salienti di un’ interpretazione che si poteva definire di stile tradizionale, un po’ alla maniera di Daniel Barenboim che di Ettinger è stato il mentore, ben riuscita anche per merito degli Stuttgarter Philharmoniker che hanno suonato con buona precisione e bellezza di suono. Successo assai vivo con lunghi applausi alla conclusione.


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