Baricco é mobile qual piuma al vento…

Sui deliri dello scrittore-fighetto torinese,ecco un´altro commento,tratto dal blog "le Culture del Riformista".
Qui sotto il link del post originale:

tritone52.wordpress.com/2009/02/26/baricco/

Da icona festivaliera di Walter V. che non ha disdegnato soldi pubblici, a denigratore della stessa e cantore del mercatismo. In questa capriola “mastelliana”, scavalca persino il McMinistro Bondi. Il Berlusconi della cultura vuole sponsorizzare i settori in cui ha il suo core-business: la musica e i libri in tv, nelle scuole e il teatro di massa.

Alessandro Baricco ha ragione quando sottolinea la necessità di ripartire dal “pubblico” inteso come destinatario, come soggetto attivo e materiale, e non come attributo spirituale, oggettivo, di un bene patrimoniale non meglio identificato. Prendiamo ad esempio Benigni e la Rai, come può essere un bene pubblico un artista che costa così tanto da poter essere pagato solo con una concessione sui diritti che la Rai ha su di lui? Baricco ha ragione quando dice che bisogna aprire al mecenatismo privato e investire per la cultura in tv. Il Riformista non può avere preclusioni verso gli sponsor privati, né snobismi mediatici.

Serve apertura mentale e risultati e Baricco può garantire entrambi. Quindi ci troviamo d’accordo con lui. Anzi, siamo così d’accordo da avere l’impressione che lui sia d’accordo con noi. Presunzione che genera un presentimento: che Baricco abbia ragione da vendere perché vuole rivenderci le nostre ragioni, rivenderci un nuovo se stesso, attraverso un risposizionamento degno di Mastella: da democristiano e cristianodemocratico, dal Pd al Pdl, da uomo di sinistra berlusconiana a berlusconiano di sinistra, da icona veltroniana ad ariete di Brunetta.

Dopo aver ricevuto anche lui, che ha mercato e potere mediatico da non necessitarne, contributi pubblici (RaiCinema e MiBac) per il suo imbarazzante film Lezione 21, uscito qualche mese fa, si mette in scia ai fustigatori degli aiuti di stato alla cultura. Sputa nel piatto in cui ha mangiato. E non per denigrare e basta. Ma per tirare a lucido il piattino. Fare nuovi soldi.

Riassumiamo brevemente i due punti della proposta di riforma culturale di massa di Baricco. Il primo: non dare soldi pubblici ai teatri stabili, ma finanziare teatri nelle scuole (evidentemente per lui l’Attimo fuggente è la storia di un grande sogno, non di un ragazzo suicida perché il padre non gli lascia fare il teatro verso cui lo spinge un professore frustrato). Secondo punto: dare soldi pubblici perché in tv si facciano programmi culturali (Per un pugno di libri dimostra che si può fare cultura divulgativa sui libri con pochi soldi e ottimi risultati, ma forse Baricco non lo guarda, come non legge le recensioni di Giulio Ferroni ai suoi romanzi, pur lamentandosi che Ferroni non lo recensisce mai).

Sono illuminanti alcune reazioni su Baricco. Sorvoliamo sui plausi di Muti, «gli sprechi ci sono», e i fischi di Piovani, «toglieteli il vino», per focalizzarci su alcune reazioni a destra. Gabriella Carlucci gli ha dato il benvenuto nel gruppo (di nostalgisti di Forza Italia), chiedendogli di scusarsi per il ritardo. Luca Barbareschi gli ha rinfacciato di «aver fatto teatro a botte di sovvenzioni». Sandro Bondi, invece, si sente scavalcato. Avete capito bene. Il ministro che ha assegnato la valorizzazione dei Beni culturali in mano al manager di McDonald, Mario Resca, si sente costretto a frenare il futurista Baricco (convinto che la qualità migliore del pensiero, oggi, sia la velocità). Al Foglio, Bondi ha mostrato tutto il suo stupore: «È paradossale che debba essere io a difendere lo stato culturale». Poi «Baricco forse non va molto a teatro. Non avrà mai visto la trilogia della Villeggiatura di Goldoni con regia di Toni Servillo (…) il teatro di prosa, la lirica, la danza non consentono redditi da impresa. Per questo è sbagliato confonderli con altri campi dove il business è possibile, come le mostre, i grandi eventi, il cinema». Conclude Bondi – ineccepibile – che «è assurdo pretendere di ripristinare l’educazione musicale nei licei, bandita ai tempi dell’Unità, e demandare poi ai privati l’allestimento della Tosca. Urge un’analisi meno superficiale delle strutture culturali». Canaglia di un vecchio comunista, avrà pensato Baricco. Più bondiano di Bondi, cioè più berlusconiano del più berlusconiano degli italiani (Fede è più leale ma meno sentimentale). Baricco è “berluscavolini”. Il più amabile tra gli italiani. Qual è la canzone che intona il Duca di Mantova alla fine del Rigoletto di Verdi? Baricco è mobile, qual piuma al vento, muta d’accento e di pensiero…

Di fronte al paradosso di Bondi, passano in secondo piano, anche se la sequenza è da spaghetti western, i colpi inferti sul cadavere veltroniano. Abbattuto e incartato con un giornale che gli fu amico, Repubblica, e ha supportato gli eventi della gestione veltroniana dove Baricco era spesso la star. Se fosse un film western, allora, Baricco non sarebbe il pistolero, ma il barman che offre da bere al vincitore. Passa in secondo piano anche il revisionismo istantaneo su Berlusconi: «Ho un esempietto – dice Baricco – che può far riflettere, fatalmente riservato agli elettori di centrosinistra. Berlusconi. Circola la convinzione che quell’uomo, con tre televisioni, più altre tre a traino o episodicamente controllate, abbia dissestato la caratura morale e la statura culturale di questo Paese dalle fondamenta: col risultato di generare, quasi come un effetto meccanico, una certa inadeguatezza collettiva alle regole impegnative della democrazia. Nel modo più chiaro e sintetico ho visto enunciata questa idea da Nanni Moretti, nel suo lavoro e nelle sue parole. Non è una posizione che mi convince (a me Berlusconi sembra più una conseguenza che una causa) ma so che è largamente condivisa, e quindi la possiamo prendere per buona».

Il punto non è che Baricco minimizzi o simuli di minimizzare il berlusconismo. E neanche il riposizionamento. Ma il disvelamento spudorato di quello che Baricco è, che è sempre stato. Un Berlusconi della cultura. Oggi più che mai. Come campione di egemonia commerciale e come cavalier servente di se stesso. E dei suoi interessi. Baricco parla di libri in tv, cultura a scuola e teatro di massa come Berlusconi parla della tv e della giustizia. A ragion veduta.

Qualche esempio? Totem, trasmissione di libri e musica in tv che poi è diventata un tour teatrale, e poi operazioni para-scolastiche come Omero. Iliade e la Scuola Holden, dove c’è una sezione “Per le scuole” (http://www.scuolaholden.it/sholden/corsi_link.aspx?ID=437&NodeId=53) che è tutta un programma: «Se sei un professore, e ti interessa proporre uno dei nostri progetti alla tua classe o alla tua scuola o vuoi attivare il corso della Scuola Holden pensato per gli insegnanti puoi contattare…». Seguono vari pacchetti: Babele, Plot, Short, Elettro-reading, Imparare a raccontare, Raccontare la storia, Ridiamoci sopra…

Luca Mastrantonio

Chiudiamo i teatri e andiamo tutti al Grande Fratello

Da "Europa",il commento piú intelligente da me finora letto sui deliri baricchiani.

Cara Europa, leggo la notizia delle dimissioni di Salvatore Settis da presidente del consiglio superiore dei beni culturali, logica conclusione dell’incompetenza e della prepotenza gerarchica del ministro ; e leggo la meno logica, inattesa, e dolorosa proposta di un intellettuale molto rispettato, Alessandro Baricco, che giudica tutta la nostra cultura “istituzionale” (teatro, opera, danza, gallerie, ecc.) inadatta a culturizzare (si dice così fra lor signori?) gli italiani di oggi. E propone che le sovvenzioni dello stato a quelle istituzioni siano devolute a scuola e tv, luoghi deputati alla “culturizzazione” di massa. A me, con tutto il rispetto per Baricco, sembra un’idiozia. (Giovanni Badini, Torino)

Caro Badini, idiozia no, diciamo licenza poetica, mariniana voglia di “meravigliare”. Baricco pone un problema reale, educare gli italiani con la cultura (grande obbiettivo dell’educazione liberale, in contrapposizione all’educazione ideologica-dogmatica); ma offre una risposta incredibile, facendo un pasticcio di confusioni. Consideriamone alcune.
1) Baricco confonde la manifestazione della cultura (a teatro, all’opera, al museo) con la diffusione dell’apprendimento: per esempio, l’educazione musicale fin dai banchi di scuola, come rivendicano Muti e Accardo. Dimenticando, sia lo scrittore-regista torinese sia chi parzialmente ne sostiene la provocazione, che l’attuale scuola non è in grado neanche di far apprendere un po’ di storia dell’arte; ed è grasso che cola se si ferma su qualche pagina di Pirandello. Non perché non voglia, ma non ne ha gli strumenti, e cioè preparazione dei professori, autorità verso gli studenti, mezzi finanziari, se non si vuole che tutto si risolva nello sfogliare pagine di libri.
2) Baricco affogherebbe la creatività della comunicazione culturale, che è multiforme e soggettiva nell’opera di autori, attori, registi, che non sono fra loro equivalenti e perciò sono il motore della cultura, nella rigidità dello strumento di diffusione, che è unico (tv pubblica), e come tale autoritario. Legga quel che ne ha scritto ieri su Europa Stefano Balassone, ex amministratore della Rai: “La tv è l’ultimo dei posti in cui andare ad aggiungere soldi, avendo invece bisogno di concorrenza; e la scuola non saprebbe da che parte cominciare per utilizzarli” (per le ragioni che pensiamo d’aver detto).
3) Baricco spara a zero contro i costi dei teatri lirici e di prosa, ma non spreca una parola per distinguere fra la fissa immobilità (fino a un certo punto, peraltro) delle icone del passato, e la creatività, l’innovazione, la sperimentazione dei giovani, diventino o non avanguardie. Perfino Marinetti e i suoi ebbero bisogno di teatri e caffè letterari per le loro serate futuriste, anche se talvolta finivano in piazza a scazzottate.
4) Perché Baricco non sollecita lo Stato a premere sulla tv pubblica affinché spenda le risorse del canone e della pubblicità in cultura anziché in cavolate da Cottolengo? E sollecita invece a tagliare i fondi statali a musica, teatro, danza,cinema, come se il patrio governo già non lo facesse di suo? Lo sa che sono stati chiusi 400 teatri e biblioteche, conservatori, istituti musicali? Ha letto qualcosa di quel che stanno facendo per la cultura Brown, Sarkozy e altri leader di paesi che si muovono nell’equazione cultura=sviluppo=civiltà?
5) Poiché Baricco è torinese, è testimone diretto della condizione dei giornali in Italia: in questi giorni La Stampa si becca i fulmini del cardinale Poletto per aver pubblicato un’intervista al teologo tedesco dissidente Hans Kung. La stessa intervista era stata pubblicata da Le Monde a Parigi, senza che alcun cardinale osasse contestare l’autonomia laica dell’informazione. Se l’immagina Baricco se, col suo metro, togliessimo i finanziamenti pubblici anche all’editoria (oltre che alle istituzioni da lui indicate)? Dovremmo sperare in Mediaset e nella Curia? Tornare alla magnanimità del Principe? (Federico Orlando)

Fonte:www.articolo21.info/8120/notizia/chiudiamo-prosa-musica-danza-musei-poi.html

Ancora su Baricco

A integrazione di quanto scritto ieri,pubblico un contributo di Gabriele Baccalini,voce autorevolissima,che ha vissuto,spendendosi anche in prima persona,gli anni in cui la cultura era veramente considerata una cosa seria.

Ieri sera sono andato alla Scala a sentire la meravigliosa Winterreise di Quasthoff e Barenboim, stavolta molto umile nell’assecondare la linea interpretativa del grandissimo bass-bariton, di un intimismo e di una dolcezza tragica assolutamente originali, tali da porla sullo stesso piano delle altre più sublimi, che la nostra generazione ha potuto ascoltare.
Ne accenno qui invece di mettere un nuovo post, perché per seguire il testo mi sono portato da casa la brochure delle Schubertiadi di Hermann Prey del 1986-87: sei serate di Lieder di Schubert, tra cui naturalmente il sommo capolavoro di ieri sera. Sulla copertina figurava l’indicazione: "Concerti per Giovani, Lavoratori e Studenti", i mitici GLS, low cost ma con i più grandi concertisti del mondo, creati da Paolo Grassi e continuati gloriosamente con Badini.
Erano i tempi dell’Ente Autonomo Teatro alla Scala, gestito dai rappresentanti della collettività e della comunità musicale e teatrale.
Poi è arrivata la Fondazione dei privati supermiliardari ed erano spariti anche i concerti di canto come quello di ieri sera, evidentemente non abbastanza "rentables" (vedi il programma della stagione 2004-2005, impostato dalla gestione Fontana-Muti; i concerti per giovani e anziani "invitati" alla Scala erano eseguiti dal Quartetto d’archi della Scala, dai Violoncellisti della Scala, dai Solisti della Scala e dall’Ensemble strumentale scaligero: luminoso esempio di apertura internazionale del primo teatro musicale del mondo!).
Il tutto soltanto per invitare il signor Baricco ad andare "a scoà ‘l mar", come si dice a Milano, e la Repubblica a smettere di ospitare questi conformisti dell’anticonformismo, inneggianti per puro codismo al liberismo culturale, in tempi in cui il liberismo selvaggio è stato messo in rotta dalle malefatte dei suoi stessi protagonisti.

Gabriele Baccalini

La polemica del giorno:Alessandro Baricco

Questo articolo dello scrittore alla moda-intellettual-saputello Alessandro Baricco

www.repubblica.it/2009/02/sezioni/spettacoli_e_cultura/spettacolo-baricco/spettacolo-baricco/spettacolo-baricco.htm

apparso oggi su La Repubblica,ha scatenato una serie di reazioni sul web,tra cui segnaliamo questa:
parma.repubblica.it/dettaglio/Stop-soldi-di-Stato-al-teatro-Meli:-Baricco-stia-zitto/1595495

Io non ritengo necessario spenderci tante parole sopra e mi limito a questa osservazione:
Quando si legge Baricco,sembra di leggere Veltroni,e viceversa:cerchiobottismo puro,il trionfo del "sí,ma anche…".Irrilevanti le opinioni di uno scrittore svociato,il quale é preoccupato della crisi della cultura principalmente per il fatto che la gente non compra piú i suoi libri.