
Foto ©Mozart2006
Di Alexander Gadjiev, trentenne pianista italo-sloveno formatosi al Mozarteum Salzburg e poi alla Hochschule für Musik Hanns Eisler Berlin, avevo sentito parlare per la prima volta quattro anni fa quando ottenne il secondo premio e il premio speciale per la migliore esecuzione di una Sonata alla International Chopin Piano Competition, dove secondo diversi addetti ai lavori avrebbe anche potuto essere preferito a Bruce Liu come vincitore assoluto. Poco tempo dopo Gadjiev, che dal 2019 al 2022 ha fatto parte del programma BBC New Generation Artists, vinceva il primo premio assoluto e sei altri premi alla Sydney International Piano Competition e l’ anno successivo il Premio Abbiati, riconoscimento ufficiale della critica musicale italiana. Mi piace approfittare sempre delle possibilità di ascoltare dal vivo i giovani musicisti di talento e quindi non ho voluto perdermi il suo recital nella Ordensaal del Residenzschloss di Ludwigsburg, inserito nel cartellone dei Ludwigsburger Festspiele. Ne valeva la pena, perché il ragazzo di Nova Gorica ha dimostrato in questa serata di possedere qualità tecniche e musicali davvero non comuni.
Sulla scena, Gadjiev si presenta in maniera dimessa e tranquilla: invece di fare la consueta solenne entrata da gran virtuoso, sale sul palco quasi di soppiatto mentre gli ultimi spettatori stanno prendendo posto e dopo un inchino breve e secco attacca quello che si potrebbe definire un dialogo intimo, raffinato e intellettuale con la musica. Il programma iniziava con quattro Bagatelle dall’ op. 126 di Beethoven, rese perfettamente nel loro carattere di frammenti di pensiero musicale tramite un tocco capace di differenziare le sfumature dinamiche in maniera davvero millimetrica, grazie al quale il giovane pianista riusciva a portare in evidenza tutte le sfumature di questi piccoli gioielli pianistici con con una precisione e un’ eloquenza assolutamente esemplari. Assolutamente esemplare mi è sembrata anche l’ esecuzione delle tre Mazurke di Chopin che seguivano, soprattutto dell’ op. 63 N° 2 che Gadjiev ha suonato quasi smaterializzando il suono, in un gioco timbrico fatto di sfumature infinitesimali su un rubato flessibile e raffinatissimo. Di grande ricercatezza e originalità era anche l’ interpretazione dei quattro brani dal secondo libro dei Preludes di Debussy. In Brouillards il pianista italo-sloveno ha messo in mostra una bella capacità di graduare la pedalizzazione e il gioco del polso per offrire una riuscitissima dimostrazione di analisi timbrica e divisionismo coloristico. In La terrasse des audiences du clair de lune apparivano ammirevoli la trasparenza filigranata del suono e la delicatezza delle sfumature dinamiche. Lo stesso effetto di scrupoloso calcolo delle sonorità caratterizzava l’ esecuzione di Ondine e quella di Feux d’ artifice, nel quale Gadjiev ha sgranato un’ agilità di grazia perfetta nella liquidità degli arpeggi. Completavano la prima parte tre Studi di Scriabin, nei quali abbiamo ascoltato un’ ulteriore dimostrazione di di tocco raffinato e capacità di sottolineare al meglio il trascolorare armonico della scrittura.
Dopo la pausa, Alexander Gadjiev ha affrontato i Quadri di una esposizione di Mussorgsky. Una interpretazione anch’ essa molto equilibrata, senza eccessi retorici e con un fraseggio di bella cantabilità. Una lettura molto attenta, sempre con una bella varietà di colori e un fraseggio scrupoloso e musicale. La prima esposizione del motivo della Promenade era attaccata con un tono deciso e assertivo e le successive entrate del tema venivano trattate ogni volta con dinamiche e colori diversi fino ad arrivare al fraseggio decisamente marcatamente gioioso di quella precedente il Ballet des petits poussins dans leurs coques. Forse il modo in cui il giovane pianista ha suonato Gnomus e Samuel Goldenberg et Schmuyle mancava leggermente di incisività sarcastica ma la bella varietà di colori ottenuta in Tuileries e in Limoges: Le marché, il tono davvero assai efficace di sospensione allucinata in Catacumbae e tutta la spettacolare progressione che dalla ritmica indiavolata di Baba Yaga portava a una grandiosa esposizione de La grande porte de Kiev erano i tratti più convincenti di un’ interpretazione che a me è sembrata molto originale, ricca di personalità e frutto di scelte non banali. Successo trionfale e due fuori programma, un Preludio di Chopin e uno di Bach/Siloti. Riassumendo, una serata che ci ha permesso di fare la conoscenza con un ragazzo dalla personalità davvero interessante, del tutto priva di esibizionismo nel suo modo di porsi davanti al pubblico e finalizzata unicamente a scoprire i significati della pagina musicale.
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