SWR Symphonieorchester 2024/25 – Giedrė Šlekytė

Foto ©SWR/Hans Fahr

La stagione della SWR Symphonieorchester si sta avviando alla conclusione ed è stato da poco pubblicato il programma per il 2025/26, che vedrà l’ esordio del nuovo Chefdirigent François-Xavier Roth. Per il penultimo concerto del cartellone 2024/25 la bacchetta era affidata alla trentaseienne lituana Giedrė Šlekytė, originaria di Vilnius, recentemente segnalatasi in alcuni concorsi internazionali importanti e che nello scorso autunno è stata chiamata a dirigere alcune date della prossima tournée americana della Staatskapelle Berlin in sostituzione di Daniel Barenboim, costretto a dare forfait per motivi di salute. La Šlekytė si era già esibita alla Liederhalle con la Staatsorchester Stuttgart e anche in questa occasione ha confermato senza alcun dubbio le sue qualità di musicista ben preparata, tecnicamente sicura, dal gesto chiaro e definito che le permette di trasmettere efficacemente all’ orchestra tutte le sue intenzioni interpretative.

Solista per questo concerto era il cinquantottenne violoncellista franco-canadese Jean-Guihen Queyras, strumentista di fama internazionale che per diversi anni ha lavorato nell’ Ensemble InterContemporain con Pierre Boulez e nel campo dell’ esecuzione storicamente informata con la Freiburger Barockorchester e l’ Akademie für Alte Musik Berlin, molto apprezzato dal pubblico e dalla critica anche per le sue nuerose incisioni discografiche realizzate per l’ Harmonia Mundi. In questa serata Queyras ha presentato il Concerto in si minore op. 104 di Dvořák, banco di prova imprescindibile per tutti i solisti di rango. Il virtuoso di Montreal ne ha dato un’ esecuzione davvero pregevole per la personalità e il tono ispirato del fraseggio, la magnifica tornitura delle linee melodiche e la ricercata raffinatezza nella realizzazione delle dinamiche, mettendo in mostra un suono morbido, vellutato e attraente, una cavata ricca di respiro ed espressività e una bella ricchezza di colori e dettagli, in perfetta sintonia con la direzione di Giedrė Šlekytė, poetica e ricca di sfumature, impeccabile nel modellare i colori orchestrali in accordo con la parte solistica. Una lettura assolutamente di notevole rilievo, molto applaudita dal pubblico della Liederhalle al quale Queyras ha regalato un bel fuori programma bachiano.

Foto ©SWR/Hans Fahr

Molto interessante come proposta era anche la seconda parte del programma, interamente occupata dalla fantasia sinfonica Die Seejungfrau di Alexander Zemlinsky, composta tra il febbraio 1902 e il marzo 1903 ed eseguita in prima assoluta sotto la direzione dell’ autore il 25 gennaio 1905 insieme al Pelleas und Melisande di Schönberg che catalizzò l’ interesse del pubblico al punto che la partitura venne quasi ignorata. L’autore, dopo un paio di esecuzioni a Berlino nel 1907 e a Praga nel 1908, perse poi interesse per questa sua musica, che non fu stampata e venne dimenticata per decenni. Nella sua fuga dall’ Austria verso gli Stati Uniti dopo l’ Anschluss nazista del 1938, Zemlinsky portò con sé i primi due episodi, mentre la partitura del terzo sembrava perduta per sempre. Invece, ritrovata questa nel 1976 a Vienna e ricostituita qualche tempo dopo l’ integrità del lavoro, esso venne eseguito nuovamente nel 1984, ottant’ anni dopo la prima esecuzione e più di quaranta dopo la morte di Zemlinsky ed è oggi, con la Lyrische Symphonie, il suo lavoro più conosciuto. Il compositore austriaco prese spunto per questo lavoro dalla celebre favola di Hans Christian Andersen rivissuta come una trasfigurazione della sua sfortunata vicenda sentimentale con la giovane Alma Schindler, che lo aveva abbandonato per sposare Gustav Mahler. Zemlinsky, allo stesso modo del suo amico e cognato Arnold Schönberg in opere come il Pelleas und Melisande e i Gurrelieder, impiega in questo lavoro un organico strumentale estremamente nutrito che non è mai utilizzato come massa sonora ma piuttosto allo scopo di moltiplicare le possibilità coloristiche degli effetti orchestrali. Die Seejungfrau è una partitura strutturata come una grande composizione in tre tempi che non ha nulla di rapsodico ma è invece costruita con sorvegliatezza formale nei rapporti tra le parti e nell’elaborazione dei temi e delle cellule tematiche in un processo compositivo derivato dallo studio del sinfonismo di Brahms, che Zemlinsky venerava. Ma se l’ organizzazione sinfonica è quella tipica del sinfonismo austro-tedesco maturo (Wagner, Brahms, Mahler e anche Richard Strauss), la raffinata, morbida, cangiante veste sonora presenta anche aspetti chiaramente derivati dallo studio della musica francese. Zemlinsky infatti studiava e ammirava Chabrier, Debussy, Dukas, Ravel, dirigendoli anche spesso in concerto. Per un’ orchestra, naturalmente, una partitura come questa costituisce una splendida occasione per mettere in mostra tutto il meglio del suo splendore timbrico, che Giedrė Šlekytė ha utilizzato per una lettura di taglio incisivo nel sottolineare le raffinatezze armoniche, la ricchezza della strumentazione e le complicate strutture ritmiche della scrittura di Zemlinsky. Successo vibrante alla conclusione, da parte di un pubblico abbastanza numeroso.


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