
Foto ©Christoph Kalscheuer
La Staatliche Hochschule für Musik und Darstellende Kunst Stuttgart (HMDK) propone sempre a conclusione dell’ anno scolastico una produzione operistica completamente realizzata dagli studenti, che viene presentata nella suggestiva cornice del Wilhelma Theater, una piccola e affascinante sala ottocentesca situata a Stuttgart nel quartiere di Bad Cannstatt, vicino al celebre parco zoologico omonimo che è una tra le principali attrazioni turistiche della città. I titoli scelti non si limitano alle operine barocche o cameristiche ma comprendono tutto il repertorio lirico normale. Quest’ anno il progetto era estremamente ambizioso, perché l’ opera scelta era addirittura Lulu, una partitura che costituisce una tra le sfide più ardue da affrontare anche per i professionisti. L’ ultima opera di Alban Berg rimase incompiuta per la morte dell’ autore e per questo motivo la sua diffusione fu sporadica sino agli anni Settanta, quando Fredrich Cerha ottenne dopo diversi anni di attesa l’ accesso agli appunti lasciati dal compositore per completare l’ orchestrazione del terzo atto. Da allora le rappresentazioni si sono fatte più frequenti anche se limitate dall’ estrema difficoltà di un’ opera assai impegnativa da allestire. Proprio per questo motivo la rappresentazione a cui ho assistito aveva un altissimo valore musicale e didattico, per la perfetta preparazione dimostrata dai giovani musicisti della Hochschule che sotto la guida dei loro insegnanti hanno realizzato un’ esecuzione assolutamente impeccabile di una partitura tra le più complicate di tutto il repertorio operistico.

Foto ©Christoph Kalscheuer
Anche dal punto di vista della realizzazione scenica, complicata anche dall’ esiguità del piccolo teatro, lo spettacolo era realizzato con grande intelligenza. Bernd Schmitt, sessantatreenne clarinettista, librettista e regista nativo di Ulm che è stato assistente di Ruth Berghaus e dal 1995 è docente di arte scenica alla Hochschule, ha utilizzato al meglio tutta l’ esigua superficie che aveva a disposizione con un impianto scenico minimalista costituito principalmente da praticabili frastagliati in cui erano nascoste botole da cui i personaggi apparivano e scomparivano, chiuso dietro da un fondale scuro sul quale venivano proiettati video raffiguranti i diversi aspetti della protagonista. I costumi di taglio surrealistico ideati con grande fantasia e senso estetico da Annette Wolf erano assolutamente appropriati a caratterizzare il racconto scenico. L’ idea di base dello spettacolo era quella di evidenziare il carattere multiforme e sfuggente di Lulu affidando la parte a quattro cantanti che si alternavano sulla scena: Alba Valdivieso, abbigliata con costume e trucco da clown, Cecilia Seo in abito da femme fatale, Elena Salvatori nei panni di una Hausfrau e Katharina Holzapfel vestita con una calzamaglia nera su cui era dipinto uno scheletro. Tutte e quattro le giovanissime artiste hanno superato magnificamente la prova, dimostrando di possedere talento scenico sviluppato e solida preparazione musicale oltre a doti di fraseggio già notevoli. Anche tutto il resto del cast appariva omogeneo e pienamente adeguato alle esigenze delle parti. Una menzione la meritano almeno il mezzosoprano Sarah Kling per la sua intensa interpretazione della Gräfin von Geschwitz, il tenore Sewon Oh come Alwa, il baritono Isaac Tolley che impersonava il Dr. Schön, il basso Siegfried Laukner, artista ospite e già appartenente all’ ensemble della Staatsoper Stuttgart, nei panni di Schigolch, il tenore slovacco Patrik Horňák, anche lui ospite, nella parte del Maler e Andi Jin che era impegnato nei ruoli del Tierbändiger nel Prologo, del Medizinalrat, del Theaterdirektor e del Journalist.

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La concertazione musicale dello spettacolo era affidata a Bernhard Epstein, cinquantaquattrenne direttore originario di Stuttgart e dal 2007 docente di prassi esecutiva operistica e Korrepetitionslehre alla Musikhochschule che, utilizzando una strumentazione forzatamente ridotta a causa delle dimensioni della buca del Wilhelma Theater, è riuscito lo stesso a mettere pienamente in luce tutte le preziosità della scrittura di un’ opere tra le più raffinate e intellettuali che si conoscano. Un’ interpretazione viva, intensa e ricca di senso del racconto teatrale, realizzata in maniera eccellente dagli archi della Stuttgarter Kammerorchester, che collabora abitualmente ai progetti operistici della Hoschschule, e dai giovani strumentisti a fiato dell’ Erasmus Ensemble Stuttgart. Nell’ insieme, quindi, uno spettacolo di assoluto livello soprattutto tenendo conto del fatto che era realizzato da esecutori quasi tutti non professionisti. L’ aver affrontato e risolto una sfida di tale difficoltà costituisce un titolo di merito davvero non da poco per i docenti e per i ragazzi, che hanno superato la sfida con un magnifico entusiasmo dimostrando di possedere tutti le qualità necessarie a una carriera di rilievo. Il pubblico ha applaudito a lungo tutto l’ insieme dei componenti di una recita che nel suo insieme rappresentava una straordinaria lezione di didattica e di politica culturale. Serate di questo genere sono davvero espressioni di speranza nel futuro della musica.
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