SWR Symphonieorchester 2024/25 – Ingo Metzmacher e Patricia Kopatchinskaja

Foto ©swr.de

Il quinto concerto in abbonamento della SWR Symphonieorchester ha visto il ritorno sul podio di Ingo Metzmacher, sessantasettenne direttore originario di Hannover che nel corso della sua carriera ha ricoperto incarichi importanti come quelli di Generalmusikdirektor alla Hamburgische Staatsoper dal 1997 al 2005 e di Chefdirigent della Deutsches Smphonie-Orchester Berlin, collaborando inoltre con quasi tutte le migliori formazioni sinfoniche mondiali soprattutto come interprete del repertorio contemporaneo, nel quale si è costruito una solida fama come esecutore tra i più accreditati del nostro tempo. Come Lothar Zagrosek e il compianto Gerd Albrecht, anche Ingo Metzmacher è uno di quei direttori dotati di tecnica solida e profonda preparazione musicale che alle lusinghe dello star system preferiscono una meritoria attività divulgativa di un repertorio scarsamente eseguito. Personalmente io nutro la massima ammirazione per questo tipo di musicisti e li seguo sempre con grande attenzione, molto maggiore di quella che riservo ai fotomodelli da podio che mietono consensi nel mainstream mediatico.

Dopo la bella interpretazione della Settima di Mahler eseguita nel 2017, Metzmacher ha scelto per il suo ritorno alla Liederhalle un bellissimo programma di autori del Novecento, che iniziava con Lontano di György Ligeti, una fra le partiture più conosciute nella produzione del grande compositore ungherese per la sapienza straordinaria degli effetti timbrici, che creano atmosfere di una bellezza straniante nel risultato acustico d’ insieme. La SWR Symphonieorchester, che suona la musica contemporanea con la stessa disinvoltura tecnica con cui affronta il repertorio sinfonico tradizionale, lo ha eseguito in maniera assolutamente impeccabile. Dal punto di vista interpretativo, le prescrizioni di pppp indicate da Ligeti nella battute iniziali del flauto e poi del violoncello sono state realizzate da Metzmacher in maniera perfetta dal punto di vista della sottigliezza timbrica. Anche in tutto il resto del brano, il suono rispettava in pieno la trasparenza orchestrale immaginata dall’ autore e la realizzazione di alcuni importanti particolari come la citazione nascosta nella sezione centrale del motivo Kommt, ihr Töchter, helft mir klagen dalla Matthäus Passion di Bach era davvero ottimamente riuscita.

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L’ altro grande motivi di interesse della serata era costituito dalla presenza come solista di Patricia Kopatchinskaja, quarantottenne violinista nata in Moldavia e naturalizzata austriaca, che in questi ultimi anni si è imposta all’ attenzione del pubblico internazionale come una tra le strumentiste più interessanti del momento. Dopo aver ascoltato alcuni dei suoi ventotto dischi sinora pubblicati, in particolare il recital inciso insieme a Fazil Say, il Concerto di Beethoven con Philippe Herreweghe e il CD con il Concerto di Strawinsky e il Secondo Concerto di Prokofiev registrato con Wladimir Jurowsky e la London Philharmonic, quindi la geniale interpretazione del Concerto di Tschaikowsky insieme a Teodor Currentzis e al suo ensemble Musica Aeterna pubblicata per la SONY, tutti accolti da grande successo di pubblico e insigniti di importanti premi discografici internazionali, ne avevo ricavato l’ impressione di una personalità interpretativa originale e dotata di grande creatività, confermata dagli ascolti dal vivo delle sue esibizioni a Stuttgart e ribadita dalla fulminante esibizione a Baden-Baden nell’ Osterfestspiele 2019 quando fu protagonista di una sensazionale esecuzione del Concerto di Schönberg con Kirill Petrenko e i Berliner Philharmoniker.

Patricia Kopatchinskaja è una musicista dai molteplici interessi, che si dedica con passione al repertorio cameristico e a quello contemporaneo, nel quale ha eseguito in prima assoluta diversi brani scritti appositamente per lei come ad esempio i Concerti per violino e orchestra di Fazil Say, Jürg Wyttenbach e altri lavori di compositori importanti come Heinz Holliger, Ivan Volkov e Gerd Kühr. Il suo violinismo, tecnicamente completissimo sia a livello di condotta dell’ arco che della mano sinistra, è caratterizzato da una sonorità timbricamente stupenda e assai personale. Notevolissima è la capacità di controllare la dinamica e di sfoggiare una paletta di colori cangianti, dai pianissimi al forte, con un dominio pressochè assoluto della proiezione sonora. Ma la cosa che colpisce di più nel modo di suonare della Kopatchinskaja è il modo di fraseggiare, la ricerca di soluzioni interpretative originali e la comunicativa, espressione di una personalità carismatica davvero da concertista di classe superiore. La virtuosa moldava è in grado di trarre dal suo strumento, un violino di Giovanni Francesco Pressenda del 1834, una gamma di tinte che vanno dalla trasparenza dei pianissimi fino a sonorità scure e ambrate, quasi da viola, nei passaggi sulla corda di sol. La sua formidabile tecnica la mette in grado di dominare senza il minimo problema le grosse difficoltà presentate da una parte solistica come quella del Concerto N° 1 op. 77 di Shostakovich, composto nel 1947 ma eseguito solo dopo la morte di Stalin e dedicato a David Oistrakh, che ne fu il primo interprete la sera del 29 gennaio 1955 a Leningrad, sotto la direzione di Yevgeny Mravinsky. Ma quello che ho apprezzato maggiormente in questa esecuzione è stato il carisma interpretativo e la capacità dimostrata dalla violinista moldava nel creare atmosfere timbriche estremamente raffinate nel primo e nel terzo movimento, dove le sonorità quasi spettrali del violino si combinavano splendidamente con i timbri e i colori che Ingo Metzmacher ha ottenuto dall’ orchestra. Dal punto di vista tecnico, Patricia Kopatchinskaja ha mostrato tutta la sua abilità in particolare nella lunghissima cadenza conclusiva della Passacaglia, suonata in maniera assolutamente impeccabile. Assolutamente avvincente era l’ aggressività sardonica con cui la virtuosa ha affrontato lo Scherzo e la Burlesque, alla fine della quale il pubblico della Liederhalle ha salutato con una vera e propria ovazione da stadio un’ esecuzione da considerare come di assoluto riferimento.

All’ inizio della seconda parte Patricia Kopatchinskaja ha offerto un altro saggio della sua personalità musicale con le tre arie Mysteries of the Macabre dall’ opera Le Grand Macabre. Abbigliata con un costume che comprendeva anche parrucca e barba finta, ha dato un saggio davvero coinvolgente di abilità recitativa e strumentale, imitando col violino i passaggi da soprano di coloratura in mezzo a un tessuto strumentale fatto di clusters, ostinati ritmici delle percussioni e sonorità allucinate ottenute tramite elaborazione elettronica realizzata dall’ SWR Experimentalstudio. Davvero un’ esecuzione altamente spettacolare, che ha di nuovo scatenato l’ entusiasmo degli spettatori. Chiudeva la serata la Sinfonia N° 3 di Karl Amadeus Hartmann, compositore bavarese noto anche per essere stato il fondatore della rassegna musica viva, uno tra i festival tedeschi di musica contemporanea più importanti insieme ai Donaueschinger Musiktagen, ai Ferienkurse in Darmstadt e ai Wittener Tagen für Zeitgenössische Musik. Nonostante fosse iscritto dal 1933 alla Reichsmusikkammer, Hartmann tenne sempre un atteggiamento critico nei confronti del regime nazista e giunse a vietare l’ esecuzione della sua musica in Germania sino alla fine della guerra. La sua produzione comprende otto Sinfonie, un cospicuo numero di lavori per diverse combinazioni strumentali e l’ opera Simplicius Simplicissimus. Drei Szenen aus seiner Jugend, scritta nel 1934-36 e revisionata vent’ anni più tardi, probabilmente la sua composizione più conosciuta. La Sinfonia N° 3, composta nelgi anni Cinquanta, rielabora idee musicali tratte da opere precedenti, in particolare dal Concerto funebre, e conferisce loro un significato ancora più profondo nel nuovo mondo del dopoguerra. La musica è caratterizzata da una grande intensità espressiva. Hartmann unisce i colori orchestrali tardo-romantici con sonorità espressionistiche e nitidezza ritmica. I suoi modelli sono Gustav Mahler, Arnold Schönberg e Dmitri Shostakovich, ma Hartmann sviluppa un linguaggio sonoro completamente personale e indipendente, carico di tristezza, rabbia e ritrosia. L’ interpretazione di Ingo Metzmacher è apparsa assolutamente esemplare per la bellezza severa dell fraseggio, la scrupolosità dello stile e la perfetta chiarezza nella realizzazione delle sonorità strumentali. Il pubblico della Liederhalle ha applaudito a lungo anche dopo la fine dell’ ultimo brano, dimostrando di avere apprezzato una serata musicalmente e culturalmente di grande valore.


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