
Foto ©Mozart2006
Ho già avuto modo di affermare in diverse occasioni che vado sempre con grande gioia ad assistere ai concerti delle orchestre giovanili. La freschezza, l’ entusiasmo e l’ alto livello di preparazione che i giovani musicisti dimostrano e che acquista anche maggior valore dopo i tre anni terribili di farsa pandemica che noi adulti gli abbiamo fatto passare a causa della nostra stupida vigliaccheria, costituiscono qualità che fanno ben sperare per il futuro della musica. Come accade regolarmente negli ultimi anni, il Forum am Schlosspark di Ludwigsburg ha ospitato una tappa della tournée invernale della Bundesjugendorchester. Si tratta della più importante formazione sinfonica giovanile tedesca, fondata nel 1969 e che si colloca ai vertici di un sistema educativo coordinato dal Deutscher Musikrat, struttura che si occupa di coordinare e sostenere i progetti e le attività nel campo dell’ educazione musicale, in stretta collaborazione con il Bundesministerium für Familie, Senioren, Frauen und Jugend, fondata nel 1953. Vi prego di riflettere su questo dettaglio: otto anni dopo la fine della guerra e quattro dopo la fondazione della Repubblica Federale, con il paese ancora praticamente a pezzi, il governo tedesco già si preoccupava di fondare una struttura dedicata all’ educazione musicale.
A partire da questa data iniziò la fondazione di orchestre giovanili nei vari Länder federali fino a quando, nel 1969, il pedagogo Peter Koch fondò ufficialmente la Bundesjugendorchester, nella quale sono ammessi musicisti tra i 14 e i 19 anni di età, scelti in base a selezioni annuali che si tengono sia con audizioni che tramite segnalazioni ricevute da una rete articolata di concorsi musicali giovanili, tra i quali il più importante a livello nazionale è il premio “Jugend Musiziert”. Il lavoro dell’ orchestra si articola in tre sessioni annuali durante le quali i giovani strumentisti si esercitano soto la guida di tutors provenienti dalle più importanti formazioni sinfoniche della Germania, e si conclude con una serie di concerti affidati a direttori di prestigio internazionale e con la partecipazione di solisti di alto livello. Herbert von Karajan fu tra i primi a dirigere l’ orchestra nel 1970 a Berlino, e dopo di lui il complesso è stato guidato da maestri del calibro di Gerd Albrecht, Rudolf Barschai, Gary Bertini, Andrey Boreyko, Gustavo Dudamel, Carlo Maria Giulini, Thomas Hengelbrock, Kurt Masur, Kirill Petrenko, Lothar Zagrosek, Andris Nelsons e Simon Rattle, per citare solo i più famosi. L’ orchestra si esibisce regolarmente anche in giri di concerti all’ estero, con il patrocinio della Presidenza della Repubblica Federale e il riconoscimento ufficiale di Musikalischer Botschafter della cultura tedesca nel mondo.

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Quest’ anno la direzione della tournée invernale è stata affidata a Wayne Marshall, sessantaquattrenne musicista inglese nato nel Lancaschire da una famiglia originaria delle Barbados, attivo anche come pianista e organista, ospite regolare di tutte le grandi formazioni sinfoniche mondiali e conosciuto soprattutto per le sue interpretazioni di Gershwin del quale è considerato uno tra i più autorevoli specialisti odierni. Il programma di questo giro concertistico era interamente dedicato a musiche di compositori angloamericani, a partire dal primo brano che era The Young Person’s Guide to the Orchestra (Variations and Fugue on a Theme of Henry Purcell) op. 34, composizione nata nel 1946 come colonna sonora per un documentario didattico intitolato The Instruments of the Orchestra del regista e librettista Eric Crozier, suo grande amico e collaboratore di Britten, per il quale scrisse i libretti delle opere Albert Herring, The little Sweep e Billy Budd e che, insieme a lui e a Peter Pears, avrebbe dato vita all’ English Opera Group’ nel 1947 e l’ anno successivo al Festival di Aldeburgh. La partitura, che si basa sul tema di una hornpipe en rondeau tratta dalle musiche di scena composte da Purcell nel 1695 per la tragedia Abdelazer, or the Moor’s Revenge di Aphra Behn, fu eseguita in concerto per la prima volta a Liverpool il 15 ottobre del 1946, con la Liverpool Philharmonic Orchestra diretta da Sir Malcolm Sargent. Il carattere didattico del brano, strutturato in forma di tema con variazioni affidate alle varie sezioni strumentali, era perfettamente adatto a mettere in mostra le qualità dei giovani musicisti che Wayne Marshall ha guidato con grande sicurezza e perfetta idiomaticità stlistica.
Per completare la prima parte del concerto, Wayne Marshall ha scelto la Rhapsody in Blue di Gershwin, da sempre uno dei suoi cavalli di battaglia, da lui eseguita decine di volte in tutto il mondo e registrata in due diverse occasioni. Il musicista britannico padroneggia il brano come pochi altri al mondo e riesce a rendere perfettamente il delicato equilibrio tra stile classico e jazz che è la caratteristica principale della partitura, orchestrata dall’ autore con la collaborazione di Ferde Grofè a che da un giorno all’ altro lo rese celebre. La verve e la carica di tensione espressiva con cui Marshall esegue questa musica rendevano l’ esecuzione assolutamente esemplare, anche per merito di un’ orchestra nella quale spiccava la bravura del primo clarinetto nel rendere in maniera impeccabile il famoso glissando ascendente di diciotto note con cui inizia il pezzo.
Dal mio punto di vista, la cosa più interessante del programma era comunque la presenza nella seconda parte della suite sinfonica The Planets di Gustav Holst, che da molti anni non ascoltavo in concerto. Il compositore inglese iniziò ad essere incuriosito dall’ astrologia in seguito ad un incontro con Clifford Bax, avvenuto durante un periodo di vacanze in Spagna nella primavera del 1912. Da questo interesse nacque The Planets, suite in sette movimenti, per orchestra sinfonica con la presenza di un coro femminile a bocca chiusa diviso in sei voci nella sezione conclusiva. I movimenti sono dedicati alla descrizione di sette pianeti dal momento che Holst non considerò la Terra e Plutone, all’ epoca ancora ignoto e scoperto solo il 18 febbraio 1930 dall’astronomo Clyde Tombaugh. Il lavoro compositivo di Holst iniziò con Mars nel 1914, poco prima dell’ inizio della Prima Guerra Mondiale e terminò tre anni più tardi con Mercury. Mentre orchestrava Jupiter, Holst si convinse che la spesa per l’ ingaggio di un’orchestra sinfonica adatta sarebbe stata proibitiva in tempo di guerra. Per fortuna Balfour Gardiner si offrì di sostenere le spese di un’ audizione privata per Holst ed i suoi amici della Queen’s Hall di Londra, con la collaborazione della London Symphony Orchestra diretta da Adrian Boult, che ebbe luogo in anteprima il 29 settembre 1918. La suite The Planets fu poi eseguita per la prima volta in pubblico (ad eccezione di Venus e Neptune) alla Royal Philarmonic Society il 27 febbraio 1919 e poi, in versione integrale, il 15 novembre 1920. Il lavoro godette da subito di grande popolarità anche per la strumentazione ricca ed elaborata che consente a un’ orchestra di mettere in mostra il meglio delle sue qualità tecniche. Wayne Marshall ne ha dato un’ interpretazione di ottimo livello per slancio, sottolineatura dello splendore sinfonico che caratterizza questa partitura e notevole cura dei particolari. Forse in Neptune, the Mystic il suono aveva a tratti uno spessore lievemente eccessivo rispetto alle indicazioni dinamiche della partitura, ma il tono aggressivo del fraseggio orchestrale in Mars, the Bringer of War e la perfetta sottolineatura dei ritmi frenetici e grotteschi in Uranus, the Magician rendevano l’ esecuzione molto pregevole anche per l’ ottima prova fornita dalla Bundesjugendorchester che ha suonato con ottima compattezza e precisione, superando con grande disinvoltura tutte le difficoltà di una partitura che pone più di qualche problema anche alle orchestre di professionisti. Clima di festa in teatro e trionfo finale, con intensi applausi da parte di un pubblico profondamente colpito dalla bravura di questi ragazzi.
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„fondata nel 1953. Vi prego di riflettere su questo dettaglio: otto anni dopo la fine della guerra e quattro dopo la fondazione della Repubblica Federale, con il paese ancora praticamente a pezzi, il governo tedesco già si preoccupava di fondare una struttura dedicata all’ educazione musicale.“ And years later the „Repubblica Federale“ was Europe biggest economical power. How can governments nowadays justify cuts on culture and musical budgets?
Nice and very informative post.
Thankyou
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