
Foto ©Franco Lannino
Gabriele Ferro è un direttore che ho avuto modo di conoscere ormai molti anni fa, quando ero alle mie prime esperienze di ascoltatore itinerante. Lo ascoltai per la prima volta nel novembre del 1977 al Teatro dell’ Opera di Roma in un indimenticabile Tancredi con Marilyn Horne e Margherita Rinaldi. Successivamente ho seguito tutto il suo lavoro al Teatro La Fenice, dove era ospite regolare e ha diretto spettacoli rimasti nella storia del teatro veneziano come La Cenerentola con Lucia Valentini Terrani, Attila con Samuel Ramey, Macbeth con Piero Cappuccilli nello storico allestimento di Luca Ronconi, Armida con Katia Ricciarelli, La Favorita con Shirley Verrett e Don Pasquale con Enzo Dara oltre a diversi concerti sinfonici e alcuni capisaldi del repertorio tedesco tra cui le Szenen aus Goethes Faust di Schumann con la regia di Virginio Puecher, una tra le prime esecuzioni italiane di Der ferne Klang di Franz Schrecker e soprattutto lo splendido Parsifal allestito da Pier Luigi Pizzi per il centenario della nascita di Wagner. Tra le altre sue grandi esecuzioni da me ascoltate in altri teatri italiani, non posso dimenticare la splendida Lucrezia Borgia al Comunale di Firenze con Katia Ricciarelli e Alfredo Kraus. In seguito ho avuto modo di incontrarlo nuovamente alla nostra Staatsoper Stuttgart, della quale è stato Generalmusikdirektor dal 1991 al 1997 tornando in seguito come ospite, le ultime volte nel 2012 per una nuova produzione de La Sonnambula e poi nel 2015 per la prima ripresa scenica in tempi moderni de Il Vologeso di Niccolò Jommelli.

Foto ©Franco Lannino
Ho sempre apprezzato molto la competenza stilistica e la versatilità interpretativa di Gabriele Ferro, che durante la sua lunga carriera lo ha reso capace di ottenere pregevoli risultati esecutivi in un repertorio ampio e variegato. Ho quindi accettato con piacere l’ invito giuntomi dalla direzione del Teatro Massimo di Palermo, del quale Ferro è stato Direttore Musicale e adesso è Direttore Onorario a vita, per assistere al concerto inaugurale della stagione sinfonica, nel quale l’ ottantasettenne maestro nativo di Pescara ha impaginato una proposta molto intelligente e logica negli accostamenti e nella successione dei brani, che spaziava dalla Seconda Scuola di Vienna al classicismo viennese ed era arricchita da una prima esecuzione assoluta. Il programma della serata iniziava con il Ricercar a sei voci del Musikalisches Opfer di Bach nella rielaborazione orchestrale strumentata da Anton Webern nel 1934. Un saggio virtuosistico di tecnica orchestrale in cui gli intervalli del Thema Regium e le linee contrappuntistiche sono messi in evidenza da un continuo variare di atmosfere coloristiche tramite l’ alternarsi delle varie sezioni strumentali, reso da Ferro con precisione analitica minuziosa e grande lucidità espositiva. Seguiva poi la Sinfonia op. 21 di Anton Webern, uno dei capisaldi della Neue Musik teorizzata dalla Scuola di Vienna, una sorta di stenografia emozionale espressa con estrema concentrazione di linguaggio e intensi contrasti di atmosfere. Lucidissima la lettura che ne ha dato Gabriele Ferro, molto bravo nel sottolineare i preziosismi di scrittura e nel rendere tutti i dettagli della partitura con grande chiarezza. A conclusione della prima parte il Direttore Onorario del Teatro Massimo ha presentato un saggio della sua attività compositiva con la prima esecuzione assoluta di Sintropia 2, un brano tratto dal ciclo Il lai dell’ universo scritto nel 1962. Gabriele Ferro è figlio di un compositore e nella sua carriera ha diretto parecchie prime assolute di autori come Berio, Maderna, Ligeti, Aldo Clementi, Stockhausen e Nono. Questa sua opera giovanile si rivela molto affascinante all’ ascoltatore di oggi, per la raffinatezza di scrittura e l’ uso di effetti elettronici che lasciano nettamente presagire elementi linguistici che saranno impiegati nel corso dei decenni successivi dagli esponenti della scuola sperimentale. L’ impressione complessiva è quella di un grande arazzo sonoro che muta continuamente in una fantasmagoria di timbri, davvero magnifici e di grande ricercatezza. Un lavoro molto pregevole, che dimostra come Ferro da giovane fosse già in possesso di una tecnica compositiva dal livello assai avanzato per la sua epoca.
Nella seconda parte del programma Gabriele Ferro ha inserito la Sinfonia N° 1 in do maggiore op. 21 di Beethoven. A parte l’ analogia col numero d’ opus del brano di Webern, la scelta era motivata dal fatto che le caratteristiche di questa partitura del compositore di Bonn sono altamente sperimentali in rapporto all’ epoca in cui venne ideata. La Prima Sinfonia di Beethoven è l’ opera di un musicista trentenne, quindi non più giovanissimo, che si stava rapidamente affermando come astro nascente della vita musicale viennese ed era alla ricerca di una sua cifra espressiva personale, emancipandosi stilisticamente dalle forme strutturali classiche codificate da Mozart e Haydn. Il taglio esecutivo scelto da Gabriele Ferro nel confrontarsi con l’ opera orchestrale del compositore di Bonn è quello di un’ estrema vitalità ritmica basata su un’ impostazione complessiva vivace e scattante, con sonorità strumentali di grande trasparenza e leggerezza ottenuta tramite un uso estremamente parco del vibrato negli archi. Particolarmente apprezzabile è apparsa, in questa esecuzione, la resa del movimento iniziale, con il passaggio dall’ introduzione lenta all’ Allegro marcato con grande efficacia, oltre alla vorticosa scansione dei tempi nel Minuetto e al virtuosismo strumentale del Finale, molto ben reso dall’ Orchestra del Teatro Massimo che nel corso di tutto il concerto mi è sembrata apprezzabile per compattezza, precisione e pulizia sonora. Successo assai vivo per una serata che, oltre ai pregi musicali, mi ha dato modo, dopo esattamente ventisette anni dalla serata di riapertura della sala principale con il concerto dei Berliner Philharmoniker diretti da Claudio Abbado alla quale ero stato presente, di riprendere contatto con un teatro che sta svolgendo un’ attività di grande intelligenza, caratterizzata da proposte originali come Le Grand Macabre di Ligeti che ha inaugurato la stagione lirica ed ha avuto un’ affluenza media superiore a 900 spettatori per sera. Per concludere, aggiungo che nel mio soggiorno a Palermo sono rimasto piacevolmente sorpreso anche da altri aspetti: città pulitissima, negozi di lusso come a Stuttgart o a Berlino, aeroporto e albergo con servizi veramente alla tedesca. Credo sia davvero ora di farla finita con molti luoghi comuni al riguardo.
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