
Foto ©Andrea Kremper
Yannick Nézet-Séguin, che da alcuni anni ha allacciato uno stretto rapporto di collaborazione con Baden-Baden, dopo i suoi progetti con la Chamber Orchestra of Europe e la MET Orchestra, ha portato al Festspielhaus la Rotterdams Philharmonisch Orkest per un’ esecuzione in forma di concerto di Die Walküre. Il quarantanovenne direttore canadese, che oltre ai suoi impegni come Music Director della Philadelphia Orchestra e del Metropolitan di New York è stato dal 2008 al 2018 alla guida del complesso olandese, prosegue con questa serata concertistica il progetto di un’ esecuzione integrale del Ring wagneriano iniziato nel 2022 a Rotterdam e che prevede repliche a Baden-Baden, Dortmund e Parigi. È stata una bella occasione per fare conoscenza con quella che è la più importante formazione sinfonica dei Paesi Bassi insieme alla Concertgebouworkest. Fondata nel 1918, la Rotterdams Philharmonisch Orkest è stata plasmata da Eduard Flipse, che la diresse per trentadue anni e sotto la guida dei suoi successori Edo De Waart, David Zinman, James Conlon, Valery Gergiev e Nézet-Seguin, che nel 2018 la lasciato la carica di Chefdirigent al giovane israeliano Lahav Shani, è cresciuta qualitativamente fino a raggiungere un livello di fama internazionale, realizzando molte registrazioni e tour di successo. Da quello che abbiamo ascoltato in questa esibizione, si tratta di un’ orchestra tecnicamente davvero di prim’ ordine, con una sezione archi dal suono morbido e dalla splendida cavata, fiati dal timbro luminoso e ottoni magnifici per proiezione e squillo sonoro. In definitiva, un complesso di alto rango, degno di essere annoverato fra le migliori formazioni sinfoniche internazionali.

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Da un complesso di questa qualità era logico che venisse fuori una lettura davvero pregevole del capolavoro di Richard Wagner, molto ben impostata a livello di concezione d’ insieme. Yannick Nézet-Séguin è un musicista quasi sempre molto interessante quando non si specchia nel suo narcisismo e riesce a mettere le sue belle qualità tecniche al servizio di una seria analisi interpretativa. Il direttore di Montreal ha sfruttato al meglio le possibilità esecutive offertegli dall’ orchestra per un’ interpretazione ricca di senso del racconto, molto accurata nella realizzazione delle dinamiche strumentali e dal passo teatrale assai ben marcato. A partire dall’ atmosfera mobilissima e nervosa del Preludio sino alla bella realizzazione dei finali d’ atto e della fantasmagorica esplosione coloristica ideata da Wagner nel Feuerzauber, il musicista canadese ha messo in mostra doti da interprete wagneriano di tutto riguardo anche se forse non originali e di personalità come quelle di Christian Thielemann, Kirill Petrenko e Sir Simon Rattle che a mio avviso sono i più completi direttori wagneriani della nostra epoca.

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Per questa esecuzione Nézet-Séguin ha combinato una compagnia di canto formata da artisti che lavorano regolarmente con lui nelle stagioni del Metropolitan. Direi che le cose migliori si sono ascoltate dal quarantacinquenne soprano Elza van der Heever, già applaudita a Baden-Baden come Kaiserin in Die Frau ohne Schatten e Chrysothemis in Elektra con Petrenko e i Berliner Philharmoniker agli Osterfestspiele, che ha tratteggiato un bel ritratto vocale di Sieglinde, appassionata nel primo atto e molto buona nel rendere la celebre frase Nicht sehre die Sorge um mich nel terzo atto, in cui la cantante sudafricana faceva percepire molto bene il senso di tragica, angosciosa disfatta che il personaggio esprime, sottolineato dall’ orchestra con il tono di vera e propria esaltazione del meraviglioso motivo della Liebeserlösung in re bemolle maggiore, che ricomparirà solo alla fine del Ring. Il soprano statunitense Tamara Wilson, nativa di Cincinnati e attiva come interprete wagneriana sulle migliori scene internazionali, ha esordito con un Hojotoho! piuttosto fiacco e in generale ha delineato una Brünnhilde più introspettiva che eroica, sicuramente valida nei duetti con Wotan e nella Todesverkündigung ma carente di slancio nei passi di tessitura aspra. Lo stesso discorso, più o meno, si può applicare al baritono irlandese-americano Brian Mulligan che, come due anni fa a Stuttgart, ha interpretato Wotan in senso abbastanza liederistico, rendendo molto bene le sfumature di angoscia nel secondo atto ma con poca forza drammatica nei momenti in cui la collera del dio dovrebbe esplodere. Carente di peso vocale anche l’ Hunding del basso Soloman Harvard, dal timbro decisamente troppo chiaro e leggero per questa parte. Anche il quarantenne tenore francese Stanislas de Barbeyrac, considerato tra i più promettenti giovani artisti del momento, ha un mezzo vocale un po’ al di sotto dello spessore richiesto dal ruolo di Siegmund ma ha fatto ascoltare momenti di buon fraseggio nel monologo e nel duetto d’ amore del primo atto. Perfettamente in parte appariva invece il mezzosoprano inglese Karen Cargill, che ha delineato una Fricka dal tono arrogante e superbo. Buona anche la prova delle otto cantanti che interpretavano le Walkirie al terzo atto. Successo trionfale da parte di un pubblico numerosissimo, nel quale si notavano molti appassionati wagneriani della nostra zona.
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