
Foto ©Andrea Kremper
Quasi sei anni dopo le sue ultime esibizioni a Baden-Baden, Iván Fischer ha portato di nuovo al Festspielhaus la Budapest Festival Orchestra, il complesso da lui fondato nel 1983 insieme al defunto pianista Zoltán Kocsis. Il concerto era dedicato alla memoria di Wolfgang Schäuble, il famoso politico tedesco recentemente scomparso che fu Ministro degli Interni con Helmut Kohl e delle Finanze nei primi tre governi di Angela Merkel per poi diventare presidente del Bundestag, che era un intenditore di musica e appassionato frequentatore di concerti e per diversi anni era stato a capo del Freundeskreises Festpielhaus, l’ associazione dei finanziatori privati del teatro. Il programmadella serata comemorativa era interamente dedicato a musiche di Brahms Brahms. C’ erano motivi per non perdere questo appuntamento, soprattutto perché ascoltare Iván Fischer costituisce sempre un’ esperienza interessante. Il settantaduenne direttore nativo di Budapest è senza alcun dubbio uno tra i personaggi più interessanti del panorama musicale odierno, per le sue qualità interpretative ma anche e soprattutto per la sua incessante attività nella divulgazione e nella ricerca di nuovi formats concertistici svolta sia a Budapest che a Berlino con la Konzerthausorchester, della quale è stato Chefdirigent per sei anni, dal 2012 al 2018 quando ha lasciato l# incarico per dedicare maggior tempo alla composizione. Dal punto di vista tecnico, Fischer è senza dubbio un direttore fuori dal comune per la personalità e il carisma che sul podio lo rendono in grado di trascinare l’ orchestra fino al massimo delle possibilità tramite un gesto ampio, chiaro, ampio ed elegantissimo.

Foto ©Andrea Kremper
Dopo il Lied Liebe Schwalbe kleine Schwalbe, il sesto degli Zigeunerlieder op. 112 intonato dai musicisti in onore di Schäuble, il programma iniziava con una scintillante esecuzione della Danza Ungherese N° 10 in fa maggiore, seguita dal Concerto N° 2 in si bemolle maggiore op. 83. Come solista per questa serata e per le altre della sua tournée la Budapest Festival Orchestra ha scelto Vadym Kholodenko, pianista ucraino vincitore nel 2013, a ventisette anni, del primo premio alla prestigiosa Van Cliburn International Piano Competition. Uno strumentista tecnicamente molto preparato e dal talento indiscutibile, tecnicamente adattissimo alle difficoltá presentate dal Secondo Concerto di Brahms, una pagina che pone diversi problemi dal punto di vista esecutivo, sia in termini di equilibrio tra solista e orchestra che per quanto riguarda la resa d’ insieme. Iván Fischer e Kholodenko ne hanno realizzato un’ interpretazione pregevole, basata su tempi equilibrati e attentissima nell’ evitare quel tono di retorica muscolare tipico di troppe esecuzioni. Dal punto di vista pianistico, la lettura di Kholodenko era assolutamente impeccabile per chiarezza e lucidità di un fraseggio sempre nitido anche nei passaggi complessi come i trilli di terze e le ottave in pianissimo nel primo movimento. La raffinatezza dei dialoghi tra pianoforte e fiati nell’ Andante e il tono di cameristica raffinatezza conferito da Kholodenko e Fischer allo Scherzo e al Finale erano le caratteristiche principali di un’ esecuzione molto ben riuscita per adeguatezza di concezione e penetrazione stilistica. Vadim Kholodenko ha ripagato le ovazioni trionfali tributategli dal pubblico del Festspielhaus con un fuori programma, la Bagatella op 37 di Beethoven.

Foto ©Andrea Kremper
Dopo la pausa, Iván Fischer ha iniziato la seconda parte con un’ altra Danza Ungherese di Brahms, la N° 7 in fa maggiore in una versione da lui stesso orchestrata, una eccellente lettura della Seconda Sinfonia di Brahms confermando ulteriormente tutte le migliori qualità di una personalità interpretativa che a me è apparsa ancora una volta davvero assai notevole. Il direttore ungherese con un’ impostazione interpretativa basata su un suono morbido e luminoso, raffinatissima nella realizzazione delle dinamiche. Un Brahms di tono più mediterraneo che luterano, con un equilibrio e respiro perfetti nell’ esposizione melodica, dando il massimo rilievo alla cantabilità melodica dei primi due movimenti e sottolineando molto bene gli scambi coloristici tra archi e fiati nell’ Allegretto grazioso, reso con una bella delicatezza e grande attenzione nella scelta delle dinamiche. Ottima anche l’ esecuzione del Finale, in cui Fischer ha graduato con grande cura la progressione ritmica sfociante in una fanfara finale la cui spettacolare esplosione appariva in questo modo assolutamente logica. Qualche imprecisione negli attacchi della sezione fiati non sminuisce il valore della buona prova fornita Budapest Festival Orchestra, la cui sezione archi è stata al contrario davvero impeccabile per compattezza e precisione di cavata. Successo assai vivo da parte di un pubblico intervenuto assai numeroso al Fetspielhaus, che Iván Fischer ha ripagato con un’ altra Danza Ungherese, la N° 21 che con la sua conclusione spettacolare ha scatenato l’ entusiasmo degli spettatori.
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