
Foto ©Nicola Milatovic
Con un certo ritardo rispetto agli anni passati, la Staatsorchester Stuttgart ha dato inizio alla sua stagione sinfonica in abbonamento. Per il primo concerto del cartellone 2023/24 la bacchetta era affidata alla trentaquattrenne lituana Giedrė Šlekytė, originaria di Vilnius e recentemente segnalatasi in alcuni concorsi internazionali importanti e che in questi giorni è stata chiamata a dirigere alcune date della prossima tournée americana della Staatskapelle Berlin in sostituzione di Daniel Barenboim, costretto a dare forfait per motivi di salute. Da quello che si è potuto vedere in questa occasione, si tratta senza dubbio di una musicista ben preparata, tecnicanente sicura, dal gesto chiaro e definito che le permette di trasmettere chiaramente all’ orchestra tutte le sue intenzioni interpretative. Tutto questo è apparso subito evidente in una bella lettura del poema sinfonico Till Eulenspiegels lustige Streiche di Richard Strauss, in cui la direttrice lituana ha reso molto bene l’ alternanza di ironia e drammaticità che caratterizza questa musica, nella quale la sezione fiati della Staatsorchester Stuttgart ha messo in mostra tutto il meglio del suo virtuosismo.
Seguiva poi il Concerto per tromba in re maggiore op. 94 di Mieczysław Weinberg, compositore la cui produzione è stata oggetto di un’ attenzione crescente negli ultimi anni. Nato nel 1919 a Varsavia da una famiglia ebrea, iniziò gli studi di composizione in patria e venti anni dopo, quando le truppe naziste invasero la Polonia, si rifugiò in Unione Sovietica mentre tutta la sua famiglia veniva deportata e poi sterminata nel lager di Trawniki. Pochi anni dopo ebbe l’ occasione di conoscere Dmitri Shostakovich, che rimase molto impressionato dalla sue qualità di compositore e divenne suo grande amico. Entrambi furono poi vittime della campagna culturale staliniana contro il formalismo nel 1948 e Weinberg nel 1953 venne addirittura arrestato per alcuni mesi e liberato solo grazie al disgelo seguito alla morte di Stalin. A causa del suo rifiuto di iscriversi al partito comunista, Weinberg rimase a lungo emarginato nella vita culturale sovietica e le sue musiche vennero eseguite in pubblico solo a partire dagli anni Sessanta in seguito all’ interessamento personale di Shostakovich e di artisti come David Oistrakh, Sviatoslav Richter, Mstislav Rostropovich ed Emil Gilels. Il musicista morì a Mosca nel 1996 lasciando un ampio catalogo di lavori comprendente ventun Sinfonie più una lasciata incompiuta, molta musica vocale, sette opere liriche, diciassette Quartetti, otto Sonate per violino e quaranta colonne sonore per film tra cui la più celebre è quella composta per The cranes are flying, Palma d’ Oro al Festival di Cannes nel 1958 e unico film sovietico ad avere ottenuto questo riconoscimento.
La musica di Mieczysław Weinberg, che negli anni successivi alla sua morte è stata oggetto di una riscoperta che si è fatta sempre più crescente, ha caratteri stilistici chiaramente derivati dalla scrittura di Shostakovich, anche se il compositore di origine polacca non fece mai studi regolari con lui, ma si caratterizza soprattutto per l’ impiego di materiale tematico proveniente dal folklore ebraico. Il Concerto per tromba, scritto nel 1967, si ispira abbastanza chiaramente al tono spesso scherzoso e scanzonato e agli effetti di comicità aspra, a tratti quasi grottesca espressi tramite una gestualità vivida, forte, graffiante, a volte caricaturale che caratterizzano molta musica di Shostakovich. Un lavoro estremamente spettacolare nella parte solistica, eseguito con una sicurezza tecnica e una purezza di intonazione assolutamente all’ altezza delle esigenze tecniche dalla trentaseienne virtuosa norvegese Tin Thing Helseth, una tra le più accreditate soliste odierne della tromba, magnificamente sostenuta da una parte orchestrale realizzata da Giedrė Šlekytė in maniera impeccabile.
La seconda parte del programma iniziava con Holoubek (La colomba selvatica) op. 110 di Antonín Dvořák, quarto e ultimo di una serie di poemi sinfonici composti dal musicista boemo nel 1896 e ispirati alla raccolta di ballate popolari Kytice del poeta ceco Karel Jaromír Erben e questa partitura descrive il canto funebre sulla tomba di un uomo avvelenato dalla moglie, la quale alla fine si suicida per il rimorso. Giedrė Šlekytė ha sottolineato molto bene la ricchezza di colori della strumentazione, in una lettura davvero rilevante per ricchezza di espansione melodica, incisività drammatica e capacità di dare il giusto rilievo ai motivi di origine popolare che questa partitura contiene.
La serata si concludeva con l’ esecuzione della Suite dal balletto A csodálatos mandarin (Il Mandarino meraviglioso) di Bela Bartók. Affrontando quella che è forse la partitura più brutale scritta da compositore ungherese, Giedrė Šlekytė ha scelto di giocare sulla flessibilità e variabilità della scansione ritmica piuttosto che mettere in evidenza sonorità aspre o squassanti, caratteristiche di altri direttori quando eseguono questa musica. La sua interpretazione quindi era condotta con tempi mobili, un’ impostazione timbrica lucida e tagliente e un’ estrema attenzione alla paletta dinamica. Un’ esecuzione nella quale si apprezzava in maniera particolare la naturalezza e la spontaneità dell’ esposizione, da parte di una musicista che non ha utilizzato la scrittura sinfonica bartokiana per fare sfoggio di abilità virtuosistica o di splendore sinfonico fine a se stesso, ma che si preoccupava innanzi tutto di un’ attenta adesione al contenuto musicale della partitura. Successo finale assai vivo, con intensi applausi trobutati dal pubblico della Liederhalle a Giedrė Šlekytė e all’ orchestra.
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