Stuttgarter Philharmoniker 2023/24 – Dan Ettinger e Tanja Becker-Bender

Dan Ettinger ha inaugurato quella che è la sua nona stagione da Chefdirigent degli Stuttgarter Philharmoniker. Il pubblico di queste parti ha dimostrato in questi anni di apprezzare senza riserve il lavoro del cinquantaduenne musicista israeliano, sotto la cui guida l’ orchestra ha registrato significativi progresso sul piano della compattezza sonora e personalità timbrica. Anche dal punto di vista economico, le stagioni svoltesi sotto la guida di Dan Ettinger hanno fatto registrare grandi progressi, con un significativo aumento nella vendita degli abbonamenti. Tutto questo si poteva pienamente apprezzare in questa serata di apertura, nella quale veniva proposto un programma composto da brani tecnicamente impegnativi da risolvere per qualsiasi formazione strumentale.

La stagione sinfonica degli Stuttgarter Philharmoniker è tradizionalmente suddivisa in tre cicli. La serie principale, intitolata Die Grosse Reihe, si compone di nove serate con una programmazione caratterizzata da un tema di fondo. Quest’ anno il titolo scelto è Zwanziger Jahre (Anni Venti) con una serie di programmi in cui viene dato largo spazio a musiche composte nell’ arco di tempo incorso fra le due guerre mondiali. Il brano di apertura in questa serata inaugurale era Apollon Musagete, partitura per orchestra d’ archi composta nel 1927 su commissione della Library of Congress di Washington come musica di un balletto e che rappresenta nella forma più pura e rarefatta la fase antica, o meglio greca, del periodo neoclassico di Strawinsky, ed è in questo senso una prima tappa del cammino stilistico ed espressivo che culminerà in opere come Perséphone (1934) e soprattutto in Orpheus (1948). Dopo la prima esecuzione avvenuta a Washington il 27 aprile 1928, Apollon Musagète fu consacrato definitivamente alla storia del Novecento quando, il 12 giugno dello stesso anno, venne eseguito a Parigi con la direzione del suo autore e la coreografia di George Balanchine, interpreti principali Serge Lifar, la Nikitina, la Tcehernicheva e Doubrovska. La sezione archi degli Stuttgarter Philharmoniker ha superato in maniera impeccabile tutte le difficoltà di una scrittura insidiosa, come sempre accade nei lavori di Strawinsky, mettendo in mostra un’ ottima rotondità di cavata e trasparenza di suono. Nel complesso, l’ esecuzione è stata pregevole per freschezza e incisività di approccio. Dan Ettinger ha dimostrato una volta di più di essere un interprete originale nel repertorio del Novecento.

Come secondo brano della serata, il Concerto in sol minore op. 26 di Max Bruch mi ha consentito di ascoltare per la prima volta Tanja Becker-Bender, quarantacinquenne violinista nata a Stuttgart che ha studiato con grandissimo esponenti dello strumento come Wilhelm Melcher del Melos Quartett, Robert Mann del Julliard String Quartet e soprattutto Günter Pichler, il fondatore del leggendario Alban Berg Quartett per poi proseguira con un’ attività internazionale di alto livello, documantata anche da numerose incisioni discografiche molto apprezzate dalla critica, in particolare l’ integrale dei Capricci di Paganini registrata nel 2009 per la Hyperion, che ha ricevuto il riconoscimento di Editor’s Choice della rivista Gramophone. Anche se non avevo ancora avuto la possibilità di ascoltarla dal vivo, conoscevo un paio di CD registrati dalla Becker-Bender che mi avevano impressionato molto positivamente e la mia opinione è stata pienamente confermata dalla sua interpretazione di un brano che costringe l’ esecutore a confrontarsi con tutti i grandissimi violinisti che l’ hanno sempre avuto nel loro repertorio. Oltre alla preparazione tecnica di altissimo livello che tutti i solisti delle ultime generazioni possiedono, Tanja Becker-Bender ha messo in mostra una personalità di interprete davvero spiccata e originale. Insieme a Dan Ettinger che l’ ha assecondata perfettamente con un sostegno orchestrale impeccabile, ne è venuta fuori una lettura molto coinvolgente e intensa, di grande passionalità culminante in una resa spettacolare del movimento conclusivo, in cui la virtuosa di Stuttgart ha messo in mostra tutto il meglio delle sue qualità strumentali.

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Foto ©Mozart2006

La seconda parte del programma ci proponeva il poema sinfonico Feste Romane di Ottorino Respighi, secondo lavoro della cosiddetta Trilogia Romana, insieme a Le fontane di Roma e Pini di Roma. Qui il compositore bolognese dispiega tutte le possibilità sonore della sua coloratissima orchestra, in un continuo caleidoscopio timbrico e melodico culminante nella spettacolare sezione finale con la ripresa sempre più frenetica del ritmo del salterello su un motivo vigorosamente scandito da tutta l’ orchestra. In una partitura del genere, un’ orchestra ben preparata ha modo di mettere in luce tutte le sue migliori qualità, e così è infatti avvenuto anche in questa occasione. Gli Stuttgarter Philharmoniker hanno suonato con ottima precisione e qualità di suono, mettendo in evidenza una compattezza e uno splendore sinfonico di livello eccellente. Molto appropriato il taglio interpretativo scelto da Dan Ettinger, che è riuscito perfettamente a evitare la magniloquenza retorica in cui rischiano di cadere i direttori che si accostano a questa partitura, con un ritmo narrativo tenuto sempre in tensione, un bellissimo gioco di tinte sfumate alternate a imponenti blocchi di sonorità nei primi tre episodi e una sezione finale grandiosa negli accenti e magnificamente calibrata. Una lettura di impostazione decisamente interessante e coinvolgente, giustamente salutata dal pubblico della Liederhalle con lunghi applausi finali per l’ orchestra e il direttore.


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