Impressioni da Bayreuth 2023 – Der fliegende Holländer

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Foto ©Enrico Nawrath

Per uno come me, innamorato della musica di Wagner sin da quando ero un ragazzino, il viaggio a Bayreuth costituisce ogni anno una tappa estiva obbligatoria. Assistere ai drammi musicali wagneriani nel teatro da lui voluto e concepito per tutte le esigenze di questa musica, dopo aver salito la collina vedendo la sagoma del Festspielhaus che si svela poco a poco e aver sentito le fanfare che dalla terrazza danno il segnale dell’ inizio: tutto questo contribuisce a formare un’ esperienza assolutamente unica e imperdibile per chi ami veramente le opere del maestro di Leipzig. La relativa scomodità della sala è compensata abbondantemente dall’ acustica favolosa, davvero unica nel suo genere, che consente di percepire anche i minimi dettagli della strumentazione e aiuta moltissimo l’ espansione delle voci a motivo della fossa orchestrale profonda e coperta da una conchiglia. Ne risulta un impasto timbrico assolutamente unico nel suo genere e diverso da quello di qualunque altro teatro al mondo.

Il primo spettacolo che ho deciso di vedere quest’ anno era la ripresa di Der fliegende Holländer nella messinscena di Dimitri Tcherniakov, una produzione che due anni fa mi aveva profondamente impressionato soprattutto a livello musicale. La compagnia di canto quasi completamente rinnovata era un ulteriore motivo di curiosità per questa Wiederaufnahme. Recensendo le recite di due anni fa, avevo notato che la regia di Tcherniakov, pur con le sue incongruenze di fondo, in complesso non disturbava più di tanto. Certamente, in questa rilettura drammaturgica che trasforma il marinaio eternamente errante perseguitato dalla dannazione in un uomo mai ripresosi dal trauma infantile provato dall’ aver assistito al suicidio della madre, vittima di ostracismo per il suo adulterio e che da adulto ritorna per vendicarsi, la pecca più grave è costituita dall’ assenza del mare, elemento la cui mancanza penalizza molto la coordinazione tra musica e parte visiva. Ad ogni modo lo spettacolo ha una sua logica di fondo, scorre in maniera fluida dal punto di vista narrativo e offre anche alcuni momenti di buon teatro come il tono da incubo quasi ibseniano di certe scene, per esempio l’ incontro fra l’ Holländer e Senta, ambientato durante una cena familiare nella veranda della casa di Daland, e la realizzazione dello scontro fra gli abitanti del paese e i compagni del protagonista nel terzo atto, grazie anche a una recitazione curata nei minimi particolari e davvero efficacissima.

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Foto ©Enrico Nawrath

Come due anni fa, la qualità musicale dello spettacolo era garantita in primo luogo dalla splendida direzione orchestrale di Oksana Linyv, che ha ripetuto la prova fulminante del suo esordio a Bayreuth perfezionando ulteriormente nei dettagli la sua lettura. Nella concertazione della quarantacinquenne direttrice ucraina il dramma assume una passionalità davvero al calor bianco, grazie a un ritmo narrativo tenuto sempre in tensione e a un infallibile senso del teatro che rende la narrazione avvincente dal principio alla fine anche e soprattutto per l’ eccezionale abilità della Linyv nello stabilire un perfetto rapporto fra buca e palcoscenico, da vera grande direttrice d’ opera, grazie al quale i cantanti vengono messi nelle condizioni ideali per esprimersi al meglio. Un’ interpretazione di grande maturità e consapevolezza stilistica, sicuramente la migliore da me ascoltata negli ultimi anni di questa partitura e da annoverare a buon diritto fra le più grandi esecuzioni nella storia recente del festival di Bayreuth. Naturalmente il merito di tutto questo va anche alla splendida prova dell’ orchestra e al meraviglioso coro diretto da quel genio assoluto di Eberhard Friedrich, come sempre vero coprotagonista della serata.

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Foto ©Enrico Nawrath

Di altissimo livello è stata anche la prova di tutta la compagnia di canto, nella quale Georg Zeppenfeld era l’ unico ad aver preso parte alla recite del 2021. Il cinquantatreenne basso nativo di Attendorn nel Nordrhein-Westfalien è per me una delle più complete voci wagneriane del nostro tempo e in questi giorni a Bayreuth si è sottoposto a un incredibile tour de force cantando i ruoli di Daland, Gurnemanz e König Marke in tre giorni consecutivi, dal venerdì alla domenica, senza mostrare il minimo segno di fatica nella sua emissione elegantissima. Con lo stupendo velluto della sua voce, Zeppenfeld ha reso alla perfezione la melliflua bonomia che nasconde avidità e cupidigia, carattere principale della figura di Daland. Ottimo anche l’ Erik di Tomislav Mužek, quarantasettenne tenore croato che qui aveva già cantato il ruolo nella produzione di Jan Philipp Gloger e che rispetto ad Eric Cutler evidenzia maggiormente la rabbia repressa dell’ innamorato consapevole che una famiglia desiderosa di ricchezza non darà mai la figlia a uno spiantato. Ottima anche la prova del mezzosoprano berlinese Nadine Weissmann come Mary, ruolo che in questa rilettura diviene la matrigna di Senta e alla fine uccide l’ Holländer per sottrarla alla sua influenza. Tutto sommato discreto anche Attilio Glaser nella parte dello Steuermann.

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Foto ©Enrico Nawrath

Di altissimo livello e assolutamente entusiasmante è stata la coppia dei protagonisti, probabilmente una tra le migliori immaginabili al giorno d’ oggi. Avevo qualche perplessità per la mancanza di Asmik Grigorian, indimenticabile Senta nel primo anno di recite, ma Elisabeth Teige non l’ ha assolutamente fatta rimpiangere. Il quarantaduenne soprano norvegese ha messo in mostra una voce ampia, robusta, di grande spessore e risonanza, che nelle note alte possiede la facilità e lo squillo arrogante dell’ autentico Hochdramatischer Sopran come lo si intendeva una volta. A questo la Teige unisce un temperamento interpretativo di prim’ ordine, grazie al quale ha tratteggiato il ritratto di una Senta disperata nella sua passionalità, dalle reazioni incandescenti espresse con autentiche sciabolate di suono nelle frasi di tessitura acuta. Se devo giudicare da questa prova davvero di altissimo livello, posso affemare senza esitazioni che Elisabeth Teige si colloca fra le più autorevoli cantanti wagneriane della nostra epoca. Per quanto riguarda il ruolo del protagonista, mi attendevo un grande esito dalla presenza di Michael Volle e la sua prova ha perfettamente ripagato le mie aspettative. Non c’ è un dettaglio che vada perso nel fraseggio del sessantatreenne baritono nativo di Freudenstadt, vicino a Karlsruhe che ha replicato gli esiti storici del suo Hans Sachs impersonando in maniera molto vicina alla perfezione un Holländer tormentato nella sua ossessiva ansia di riscatto dalla condanna alla dannazione eterna. Oltre alle splendide sfumature di introversa e tormentata angoscia nel monologo Die Frist ist um, la carica teatrale dell’ interpretazione di Volle raggiungeva i suoi vertici nel duetto con Senta, dove la presenza di una Teige ispiratissima e capace di ribattere colpo su colpo alle scariche emotive espresse dal baritono tedesco dava come risultato un’ esecuzione di incredibile, avvincente intensità, forse il vertice assoluto di tutta la recita. Il pubblico, assolutamente conquistato da un’ interpretazione così tesa e drammatica, ha reagito alla fine con quasi dieci minuti di autentiche ovazioni da stadio a questa splendida ed emozionante serata assolutamente degna della grande tradizione di Bayreuth.


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