Ludwigsburger Schlossfestspiele 2023 – Benjamin Appl Künstlerresidenz

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Foto ©Benjamin Appl/FB

Come già mi è capitato di affermare altre volte, esistono al giorno d’ oggi diversi giovani cantanti che sono perfettamente in grado di interpretare il Lied in maniera convincente e con personalità interpretative ragguardevoli. Uno dei più interessanti è sicuramente Benjamin Appl, quarantenne baritono nativo di Ravensburg allievo di Rudolf Piernay e poi perfezionatosi con Dietrich Fischer-Dieskau, di cui è stato uno tra gli ultimi discepoli.  Benjamin Appl, premiato nel 2016 dalla rivista Gramophone come New Artist of the Year, è ospite regolare di rassegne liederistiche prestigiose come quelle di Schwarzenberg e Hohenems e ha già al suo attivo una nutrita discografia nella quale spicca soprattutto il suo CD dedicato a Lieder su testi di Heine, intitolato Stunden, Tage, Ewigkeit pubblicato nel 2016 dalla Champs Hill Records, accolto entusiasticamente dalla critica internazionale. Il giovane ma già affermato cantante svevo è stato invitato ai Ludwigsburger Schlossfestspiele per una Künstlerresidenz di tre giorni, composta da due recital con al centro una masterclass tenuta ad alcuni giovani allievi delle classi di canto della Staatliche Hochschule für Musik und Darstellende Kunst Stuttgart.

Nel primo dei due concerti, tenutisi entrambi in una Ordensaal completamente gremita sino all’ ultimo posto disponibile, Benjamin Appl ha proposto insieme a Thomas Dunford, trentacinquenne liutista francese allievo di Hopkinson Smith alla Schola Cantorum di Basel e collaboratore di tutti i migliori complessi barocchi, un programma di grande originalità, dal titolo The Songwriter, che presentava un viaggio temporale di quattro secoli spaziante dalla musica rinascimentale sino alle canzoni pop della nostra epoca.

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Foto ©Benjamin Appl/FB

La prima parte del recital iniziava con un florilegio di brani vocali e strumentali tratti dalla produzione di John Dowland, forse il migliore e più completo musicista dell’ epoca elisabettiana, per poi proseguire con quattro Lieder di Schubert separati da alcuni movimenti tratti dalle Suites per cello di Bach trascritte per il liuto da Thomas Dunford. Il tono di aristocratica eleganza del fraseggio di Benjamin Appl e il raffinato accompagnamento liutistico di Thomas Dunford contribuivano a creare un clima quasi di sospensione temporale, davvero molto coinvolgente per chi ascoltava. La seconda parte iniziava con alcuni esempi di lirica da camera francese, l’ unica, se non si considera l’ attività dei grandi compositori russi, che in qualche misura sia riuscita a non scomparire del tutto nel confronto con la fioritura stupenda del Lied tedesco, come le chansons di Reynaldo Hahn, compositore, pianista e direttore d’ orchestra nato in Venezuela e naturalizzato francese, che fu una delle figure prominenti nell’ ambiente culturale parigino nei primi decenni del secolo scorso, amico intimo di Proust e di musicisti come Cortot e Ravel oltre che autore di una vasta produzione spaziante tra la canzone da camera, l’ opera, l’ operetta e il balletto. Seguiva Les Berceux di Gabriel Fauré, le cui composizioni costituiscono uno tra i vertici della lirica vocale francese e della produzione di un compositore capace di risolvere in modo molto personale il profondo influsso stilistico che la scrittura wagneriana esercitò sui compositori francesi di questa generazione, in termini musicali tradottosi soprattutto in un impiego molto insistito delle armonie cromatiche. Il viaggio nel tempo si chiudeva con alcune celebri canzoni melodiche come Edelweiss di Richard Rodgers dal famoso film The sound of music di Robert Wise con Julie Andrews e Christoph Plummer, la malinconica ballata Streets of London di Ralph McTell, Blackbird di Paul McCartney e Tears in Heaven di Eric Clapton. In una così grande varietà di stili vocali Benjamin Appl ha messo in mostra una ammirevole versatilità oltre a doti naturali da intrattenitore consumato, come si è visto anche nei fuori programma in cui dopo Over the rainbow di Eric Clapton ha invitato tutto il pubblico a cantare Yesterday insieme con lui e Thomas Dunford. Una bellissima conclusione per una serata davvero divertente e inusuale.

Due giorni dopo Benjamin Appl, insieme al pianista inglese Simon Lepper, si misurava con i ventiquattro Lieder della raccolta Die Winterreise di Franz Schubert, composti fra la primavera e l’ autunno del 1827, come specificato nel titolo completo apposto dall’ autore allo spartito autografo: Winterreise. Ein Cyclus von Liedern von Wilhelm Müller. Für eine Singstimme mit Begleitung des Pianoforte komponiert von Franz Schubert. Op. 89. Erste Abtheilung (Lied I–XII). Februar 1827. Zweite Abtheilung (Lied XIII–XXIV). October 1827. Capolavoro indiscutibile della letteratura vocale di tutti i tempi e di tutte le epoche, il ciclo è da sempre considerato un banco di prova obbligatorio per i cantanti che si cimentano con questo repertorio. Per rendere pienamente l’ atmosfera di cupa e disperata malinconia che caratterizza quella che molti studiosi schubertiani hanno definito “una Via Crucis in ventiquattro stazioni”, nella quale i testi di Wilhelm Müller e la musica di Schubert creano il lancinante ritratto di un emarginato sociale dai tratti cupi, quasi da eroe byroniano, un ribelle che combatte inutilmente contro un destino avverso che lo schiaccia, occorre infatti un interprete dotato di eloquenza espressiva e inventiva di fraseggio. Circa due settimane fa lo avevamo ascoltato alla Musikfest Stuttgart nell’ esecuzione di Konstantin Krimmel, un altro fra i più accreditati giovani liederisti della nostra epoca, ed è stato molto interessante il confronto con la visione interpretativa di Benjamin Appl. Riassumendo, si potrebbe dire che mentre Krimmel puntava su una più accentuata drammaticità, la lettura di Benjamin Apple sottolinea maggiormente il tono di monologo interiore amaro e disilluso che sta alla base dei testi di Wilhelm Müller. Sono concezioni entrambe validissime, portate avanti con ammirevole corerenza e lucidità dai due giovani cantanti.

Nel recital alla Ordensaal, Benjamin Appl e Simon Lepper hanno realizzato un’ esecuzione davvero molto ben riuscita per la commossa, sobria e severa drammaticità del canto perfettamente sostenuta da una parte pianistica realizzata con assoluta attenzione nel calibrare i timbri e le dinamiche in perfetta sintonia con la parte vocale. Il giovane cantante è riuscito a creare un’ atmosfera generale di malinconia amara e disillusa, ottimamente sottolineata dalle sfumature di un fraseggio che rivela uno scavo analitico della parola e un dominio delle sfumature davvero da liederista di grande classe. Il lavoro di cesello sulla dinamica e sulla struttura delle frasi, la qualità dello strumento e la concentrata intensità del fraseggio rendevano questa interpretazione assolutamente esemplare. Splendida in particolare la mezzavoce con cui Appl ha cantato Gute Nacht, il primo Lied del ciclo, che introduceva alla perfezione il tono di angoscia stupefatta, allucinata su cui si basava tutta l’ atmosfera espressiva creata dal cantante che dopo un fantasmagorico succedersi di atmosfere espressive culminava in un Der Leiermann tutto tenuto in pianissimo, quasi alitato con un tono di stupefatta angoscia. Un’ interpretazione personale e coinvolgente, in cui la presenza drammatica e il clima di forte impatto tragico espressi dal fraseggio del baritono svevo erano perfettamente sostenuti dal pianismo elegantemente raffinato di Simon Lepper. Il pubblico di Ludwigsburg ha tributato un successo trionfale ad entrambe le serate, pienamente meritato per la loro qualità artistica e l’ altissimo livello delle esecuzioni.


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