Festspielhaus Baden-Baden – The MET Orchestra

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Foto ©Andrea Kremper

Per la serata inaugurale del festival estivo La Capitale d’ Été, il Festspielhaus di Baden-Baden ha ospitato due tappe della tournée europea della MET Orchestra sotto la guida del suo Music Director, il quarantottenne canadese Yannick Nézet-Séguin, con la partecipazione di alcuni tra gli elementi di punta della compagnia del teatro newyorchese. L’ orchestra infatti è quella della Metropolitan Opera che, sul modello dei Wiener Philharmoniker, si esibisce sotto questo nome nella sua stagione sinfonica alla Carnegie Hall e nelle tournée concertistiche. Come in tutti i teatri di repertorio, il complesso è impegnato in circa duecento recite durante la stagione operistica a cui si aggiungono i tre o quattro appuntamenti di musica strumentale. L’ orchestra del Met ha lavorato con grandissimi direttori ma la sua evoluzione tecnica decisiva l’ ha compiuta sotto la guida di James Levine, che la diresse per più di quarant’ anni e come preparatore aveva pochi eguali al mondo. Oggi la MET Orchestra, da quello che abbiamo ascoltato nella serata a Baden-Baden, è una formazione di livello tecnico elevatissimo capace di virtuosismi strumentali all’ altezza dei maggiori complessi mondiali. Il timbro è quello aggressivo delle migliori orchestre americane, con il vibrato elettrico degli archi e gli attacchi affilati come rasoi. Caratteristiche perfette per l’ esecuzione di un autore come Hector Berlioz, a cui era dedicato il programma di questa serata.

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Foto ©Andrea Kremper

Yannick Nézet-Séguin, che dal 2018 ha assunto la carica di Music Director della MET Orchestra, è un musicista quasi sempre molto interessante quando non si specchia nel suo narcisismo e riesce a mettere le sue belle qualità tecniche al servizio di una seria analisi interpretativa. Lo scorso anno avevo ascoltato da lui qui a Baden-Baden, con la Chamber Orchestra of Europe, una Seconda di Brahms non banale e ricca di belle intuizioni espressive. La musica di Berlioz si adatta perfettamente al suo temperamento esecutivo e questo si è notato immediatamente nella spettacolare lettura dell’ ouverture da concerto Le Corsaire op. 21, impostata con grandi contrasti di tempi e di sonorità splendidamente realizzati dall’ orchestra. Seguiva poi una breve selezione da Les Troyens, con le due arie di Dido inframmezzate dalla celebre pantomima sinfonica Chasse royale et orage. Solista era JoyceDiDonato, cinquantaquattrenne mezzosoprano originaria del Kansas, da anni idolo indiscusso del pubblico del Met ma che io personalmente non ho mai apprezzato più di tanto per il settore acuto sempre duro e stridulo che limita pesantemente le sue caratteristiche interpretative, ottime a livello di intuizioni ma spesso realizzate solo in parte a causa di una tecnica imperfetta. Con queste limitazioni, mancava nelle due arie il fraseggio largo e imperioso che dovrebbe possedere una regina, lo strazio dell’ amante abbandonata sostituito da una generica, querula lagnosità e il furore aggressivo dell’ invocazione di vendetta. Senza una tecnica in grado di superare una scrittura come quella messa in pratica da Berlioz in quest’ opera, caratterizzata da un declamato scandito e con improvvise fiondate all’ acuto, l’ esecuzione è risultata a mio avviso insoddisfacente nonostante lo splendoro sonoro evocato da Nézet-Séguin sul podio.

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Foto ©Andrea Kremper

Nella seconda parte, Nézet-Séguin e l’ orchestra newyorchese hanno dato un’ ulteriore dimostrazione della loro perfetta intesa nella Symphonie Fantastique, una partitura nella quale Berlioz impiega tutte le risorse di un linguaggio straordinariamente moderno e di una tecnica orchestrale che costituisce uno dei punti fermi nella storia della musica sinfonica. Soprattutto la spettacolarità della prima parte e della conclusione dimostrano una volta di più la maestria incredibile del compositore nel creare effetti strumentali di profonda complessità e modernità, in un virtuosismo sinfonico e contrappuntistico che ha pochi paragoni tra gli autori della sua epoca. Qui il maestro canadese ha scatenato tutti i cavalli della sua macchina da corsa in una lettura estremamente spettacolare, davvero avvincente per forza di narrazione e teatralità. Correndo sul filo del rasoio che separa la spettacolarità dal kitsch, Nézet-Séguin è riuscito a caricare le tinte senza mai cadere nel bombastico e nel retorico. Dopo un primo tempo impostato su una bella progressione drammatica, il direttore canadese ha trovato fraseggi di grande eleganza nei ritmi di valzer del secondo movimento e magnifici colori strumentali nella scena campestre. Ottima, per il tono drammaticamente severo ma composto, la Marche au supplice nella quale la direzione di è riuscita a evitare quegli scoppi enfatici di sonorità che troppo spesso caratterizzano le interpretazioni di questa pagina. Molto ben definito anche il finale, in cui la MET Orchestra ha messo in mostra tutte le sue qualità virtuosistiche realizzando in maniera eccellente la concezione serrata e drammatica della bacchetta. Le sonorità scintillanti della sezione archi, i colori vividi dei fiati in certi dialoghi strumentali e il fraseggio sempre mobilissimo e vivace erano i tratti salienti di un’ esecuzione davvero notevole nel suo tono complessivo acceso e vibrante, perfettamente realizzata da un’ orchestra che ha suonato da grande formazione sinfonica internazionale. In complesso, una lettura di grande interesse e molto logica nel suo mettere in evidenza la sbalorditiva modernità della scrittura orchestrale di Berlioz evitando qualsiasi forma di esagerazione plateale. Successo intensissimo, con tutto il pubblico in piedi ad applaudire in maniera entusiastica i musicisti americani. Alla fine, Joyce DiDonato è tornata su palcoscenico per eseguire il celebre Lied Morgen di Richard Strauss, nel quale grazie alla tessitura centrale è riuscita a cantare con una appropriata morbidezza di suono e un buon legato. Bella conclusione, per una serata di grande musica.


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