Bayerische Staatsoper – Rusalka

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Foto ©Wilfried Hösl

Dopo le emozionanti recite dello scorso dicembre all’ Oper Frankfurt, non volevo assolutamente perdermi il ritorno di Asmik Grigorian alla Bayerische Staatsoper, dove la quarantaduenne cantante lituana ha presentato la sua caratterizzazione del ruolo principale nella ripresa della Rusalka di Antonin Dvořák, una delle sue interpretazioni più famose. L’ opera, che negli ultimi decenni è entrata stabilmente nel repertorio dei teatri dell’ Europa occidentale, è senza alcun dubbio uno tra i vertici assoluti del teatro musicale ceco. Il libretto di Jaroslaw Kvapil narra la storia di una ninfa delle acque innamorata di un principe e della perdizione di entrambi in seguito a questa violazione delle leggi soprannaturali. Il tema dell’ amore impossibile tra uno spirito e un mortale ha dato origine a capolavori dell’ arte ottocentesca come il balletto Giselle derivato da un racconto di Heinrich Heine e  celebri favole come Den lille Havfrue (la Sirenetta) di Hans Christian Andersen e Undine di Friedrich de la Motte Fouqué. Il testo musicato da Dvořák aggiunge  alla storia la caratterizzazione della strega, sempre presente nei racconti popolari slavi. Il modo con cui Dvořák ha realizzato la musica per questa saga di spiriti ed esseri umani rappresenta senza alcun dubbio uno tra i vertici della sua produzione. In tutta l’ opera la perfetta simbiosi tra orchestrazione e testo, l’ ispirazione della vena melodica e la squisita fattura strumentale di molte pagine, oltre alla presenza di arie come la celebre Měsíčku na nebi hlubokém (Inno alla luna) danno come risultato complessivo una partitura assolutamente affascinante da ascoltare, per la sapienza della composizione e lo splendore sonoro degli effetti d’ insieme realizzati dal compositore boemo.

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Foto ©Wilfried Hösl

La messinscena del Nationaltheater München era quella realizzata nel 2010 da Martin Kušej, che a suo tempo ricevette un’ accoglienza controversa dal pubblico e dalla critica, con forti contestazioni di una parte della sala alla fine della Premiere unite a giudizi oscillanti dall’ entusiastico al dubbioso nelle recensioni della stampa tedesca. Personalmente ammetto con sincerità di avere avuto impressioni negative da tutte le produzioni del sessantaduenne regista austriaco alle quali ho potuto assistere. Meiner Meinung nach, come dicono gli amici tedeschi, trovo che si tratti del tipico esponente di quel Regietheater che ha assunto come scopo principale della sua concezione artistica quello di forzare il testo anzichè interpretarlo. Tredici anni fa, presentando l’ allestimento, Kušej disse di avere interpretato la fiaba come la vicenda di una minorenne vittima di violenze sessuali da parte del padre, rifacendosi alla vicenda, che destò enorme scalpore in Austria, di Josef F. che aveva tenuto sua figlia per 24 anni segregata in una cantina, abusandone regolarmente. Una lettura che si inserisce nel filone dell’ interpretazione psicologica delle favole viste come risultato di pensieri inconsci, non nuova e neppure tanto originale. Ma togliere alla vicenda tutto l’ aspetto magico e mitico rappresentato dalla ninfa senza anima che vuole conquistarsene una per amore di un mortale svilisce la trama e la banalizza. Aspetto tipico di un modo di far teatro oggi predominante, che rivela l’ incapacità dei registi di confrontarsi col mito e col magico per l’ esigenza di voler ridurre tutto ad analisi psicanalitica. Oltretutto, nel caso in esame, le scene e i costumi ne facevano uno spettacolo brutto e che svisava totalmente l’ ambientazione di una partitura scritta proprio per caratterizzare un ambiente di leggenda e di magia. Il risultato finale dell’ operazione non poteve essere che una evidente discrasia tra parte scenica e musicale che camminavano su binari diversi senza mai interagire l’ una con l’ altra.

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Foto ©Wilfried Hösl

Avendo previsto in partenza tutto questo per aver letto recensioni dell’ epoca ed esaminato foto e video delle recite precedenti, il mio viaggio a München era finalizzato esclusivamente ad ascoltare un’ esecuzione musicale che alla prova dei fatti si è rivelata davvero di altissimo livello, soprattutto per quanto riguarda la prova definibile come non meno che entusiasmante della protagonista. Asmik Grigorian ha in repertorio il ruolo di Rusalka da almeno dieci anni, quando ottenne uno dei suoi primi trionfi sui palcoscenici occidentali nella produzione ideata da Barrie Kosky alla Komische Oper Berlin. Da allora la cantante lituana ha fatto di questo personaggio uno dei suoi Paraderollen e con queste recite monacensi affrontava la parte dell’ ondina boema per la terza volta durante la stagione in corso. Anche questa volta io sono rimasto profondamente impressionato dalla perfetta combinazione tra canto, fraseggio e recitazione che rende Asmik Grigorian una cantante-attrice assolutamente unica al giorno d’ oggi, per me un autentico genio del canto, ineguagliabile da chiunque. La Rusalka delineata dalla Grigorian è un personaggio fiabesco ma tormentato da sentimenti laceranti, interpretato con una varietà di accenti che incantavano sin dall’ aria Měsíčku na nebi hlubokém, cantata con un legato di altissima scuola e un dominio tecnico assoluto nella gestione della dinamica. Nel resto dell’ opera, la Grigorian delineava il ritratto di una ragazza dall’ animo esacerbato da passioni squassanti, con un canto assolutamente avvincente nella sua intensa passionalità. Dopo le esaltanti interpretazioni di Manon e Kuma a Frankfurt dello scorso dicembre e questo ascolto monacense io posso solo confermare una volta di più che per me il carisma soggiogante, la personalità artistica da vera fuoriclasse e la capacità di entrare direttamente in sintonia col pubblico rendono Asmik Grigorian una stupenda esponente dell’ arte suprema del canto lirico nel delineare passioni umane, vere, commoventi.

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Foto ©Wilfried Hösl

Il resto del cast sosteneva al meglio una protagonista di tale livello. Dmytro Popov, tenore ucraino che qui a Stuttgart conosciamo bene per i tre anni trascorsi nell’ ensemble della Staatsoper durante i quali ha realizzato pregevoli interpretazioni di ruoli come Edgardo, Cavaradossi e Rodolfo della Luisa Miller, con la sua voce luminosa, ben timbrata e gestita assai bene a livello tecnico ha realizzato una appassionata caratterizzazione del Principe, ottimo partner di una protagonista cosí fortemente caratterizzata. Il quantaseienne basso altoatesino Günther Groissböck, unico elemento rimasto del cast originale, possiede mezzi vocali di imponenza adeguata per rendere il carattere minaccioso e oppressivo dello Spirito delle acque, in questa produzione raffigurato evidenziando maggiormente l’ aspetto tirannico della parte. Anche il mezzosoprano statunitense Lindsay Ammann ha reso molto bene il carattere demoniaco della strega Ježibaba, nonostante il personaggio fosse degradato dalla regia che la raffigurava come una volgare ciarlatana. Di buon livello vocale e scenico è apparsa anche la prova del quarantunenne soprano polacco Ewa Plonka nel breve ma fondamentale ruolo della Principessa Straniera, cosí come quella di tutti gli interpreti delle parti di fianco. Ad amalgamare al meglio un cast di ottima qualità complessiva provvedeva dal podio Henrik Nánási, quarantottenne direttore ungherese che per sei anni è stato Generalmusikdirektor alla Komische Oper. Il musicista magiaro ha sfruttato al meglio le possibilità offerte da complessi di livello elevato come quelli della Bayerische Staatsoper per un’ interpretazione varia, raffinata, con sonorità liquide e iridescenti alternate a squarci di intensa drammaticità. Una direzione orchestrale sagace, duttile e stilisticamente perfetta che raggiungeva i suoi vertici nelle pagine liriche, rese con una bellissima trasparenza timbrica e una profonda penetrazione espressiva. In sintesi, essendo Rusalka un’ opera in cui i valori strumentali e vocali contano parecchio, la parte musicale compensava ampiamente il livello modesto della messinscena. Successo trionfale alla conclusione, con tutti gli interpreti applauditi a lungo e Asmik Grigorian accolta da ovazioni degne di uno stadio ad ogni sua uscita. Soprattutto per lei, la recita valeva davvero il viaggio.


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