
Foto ©Peter Adamik
Katharina Konradi, trentaquattrenne soprano originaria di Bischkek nel Kirgisistan e trasferitasi in Germania all’ età di 15 anni, si è segnalata in quest’ ultimo periodo come una tra le più dotate giovani cantanti nel panorama musicale tedesco. Con il concerto alla Staatsgalerie insieme al Trio Gaspard, la Konradi ha fatto il suo esordio nelle stagioni della Hogo-Wolf-Akademie. Ho ascoltato per la prima volta questa ragazza come Sophie nella diretta streaming del Rosenkavalier trasmessa dalla Bayerische Staatsoper durante il lockdown e ne avevo riportato un’ impressione molto positiva per la bella qualità di un timbro luminoso, messo in rilievo da un’ impostazione tecnica di ottimo livello. Giudizio che è stato poi confermato da tre ascolti dal vivo qui a Stuttgart nelle stagioni della Bachakademie, in cui ho potuto apprezzare la vocalità attraente e il senso musicale del fraseggio che la giovane artista possiede. Per la sua prima Liederabend qui da noi, Katharina ha presentato il programma eseguito con successo pochi giorni prima a Berlino nella Pierre Boulez Saal, che riproduce con un paio di modifiche il programma del suo CD pubblicato lo scorso anno dalla Chandos, intitolato Russian Roots. Insieme alla cantante suonava il Trio Gaspard, gruppo fondato nel 2010 e composto dal violinista greco Jonas Ilias Kadesha, dalla violoncellista londinese Vashti Hunter e dal pianista anglo-tedesco Nicholas Rimmer anch’ esso considerato tra i complessi emergenti del momento.

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La scaletta dei brani eseguiti comprendeva esclusivamente musiche su testi scritti in lingua russa e iniziava con quattro brani di Beethoven, trascrizioni di melodie popolari slave eseguite dal musicista su commissione di un editore col quale poi litigò in maniera aspra per questioni di onorario. Musica non di grande livello, ma piacevole all’ ascolto per freschezza e spontaneità. Dopo una bella esecuzione del Trio op. 8 di Shostakovich, decisamente più interessante era la proposta del ciclo Evrejskie pesni op. 13 di Mieczysław Weinberg, compositore la cui produzione è stata oggetto di un’ attenzione crescente negli ultimi anni. Nato nel 1919 a Varsavia da una famiglia ebrea, iniziò gli studi di composizione in patria e venti anni dopo, quando le truppe naziste invasero la Polonia, si rifugiò in Unione Sovietica mentre tutta la sua famiglia veniva deportata e poi sterminata nel lager di Trawniki. Pochi anni dopo ebbe l’ occasione di conoscere Dmitri Shostakovich, che rimase molto impressionato dalla sue qualità di compositore e divenne suo grande amico. Entrambi furono poi vittime della campagna culturale staliniana contro il formalismo nel 1948 e Weinberg nel 1953 venne addirittura arrestato per alcuni mesi e liberato solo grazie al disgelo seguito alla morte di Stalin. A causa del suo rifiuto di iscriversi al partito comunista, Weinberg rimase a lungo emarginato nella vita culturale sovietica e le sue musiche vennero eseguite in pubblico solo a partire dagli anni Sessanta in seguito all’ interessamento personale di Shostakovich e di artisti come David Oistrakh, Sviatoslav Richter, Mstislav Rostropovich ed Emil Gilels. Il musicista morì a Mosca nel 1996 lasciando un ampio catalogo di lavori comprendente ventun Sinfonie più una lasciata incompiuta, molta musica vocale, sette opere liriche, diciassette Quartetti, otto Sonate per violino e quaranta colonne sonore per film tra cui la più celebre è quella composta per The cranes are flying, Palma d’ Oro al Festival di Cannes nel 1958 e unico film sovietico ad avere ottenuto questo riconoscimento.
La musica di Mieczysław Weinberg, che negli anni successivi alla sua morte è stata oggetto di una riscoperta che si è fatta sempre più crescente, ha caratteri stilistici chiaramente derivati dalla scrittura di Shostakovich, anche se il compositore di origine polacca non fece mai studi regolari con lui, ma si caratterizza soprattutto per l’ impiego di materiale tematico proveniente dal folklore ebraico. I sette Lieder dell’ op 13 furono scritti nel 1943 su testi del poeta ebreo polacco Itzhok Leib Perez e sono caratterizzati da un’ intensa atmosfera di drammatico pessimismo messa in rilievo splendidamente da Katharina Konradi e dagli strumentisti del Trio Gaspard, che eseguivano il ciclo in una rielaborazione strumentale preparata nel 2004 dal violoncellista Alexander Oratowski.
La seconda parte del programma iniziava con una selezione dei Preludi op. 34 di Shostakovich rielaborati per violino e pianoforte e proseguiva con tre brani in forma di vocalizzo: la Pastorale di Strawinsky, Brief an die Dichterin Rimma Dalos di Sofia Gubaidulina e Postscriptum di Lena Auerbach. La conclusione e anche il vertice musicale dell’ intera serata era il Ciclo Blok op. 127 di Shostakovich, sette Lieder su testi del poeta Alexander Blok scritti nel 1967 ed eseguiti per la prima volta in casa del compositore da Galina Vishnevskaja, David Oistrakh, Mstislav Rostropovich e Mieczysław Weinberg. Fin dalla sua diffusione, la critica è sempre stata unanime nel riconoscere questa raccolta come uno tra i vertici della produzione di Shostakovich per la qualità altissima di una musica intensa e commosa, struggente nel suo tono di cupo pessimismo e qui eseguita in maniera eccellente da Katharina Konradi e dal Trio Gaspard, assolutamente esemplari per profondità di penetrazione espressiva e consapevolezza stilistica. Come fuori programma, la Konradi ha eseguito il Vocalise op. 34 N° 14 di Rachmaninov mettendo in mostra una fludità di legato e un’ omogeneità dei registri assolutamente da cantante completa, degna chiusura di un concerto davvero notevole per l’ originalità della concezione e la bravura degli esecutori.
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