Stuttgarter Kammerorchester – “Frech, frisch, ungarisch”

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Foto ©Oliver Röckle

Quest’ anno ricorre il centesimo anniversario della nascita di György Ligeti, compositore la cui grandezza è ormai universalmente riconosciuta, e tutte le istituzioni musicali di Stuttgart hanno messo in programma iniziative per onorare la ricorrenza. Una delle più interessanti era senza dubbio la serata organizzata dalla Stuttgarter Kammerorchester, un concerto che si teneva nell’ Hospitalhof, il centro spirituale della chiesa evangelica di Stuttgart, sorto dopo la guerra sullo spazio un tempo occupato dal Dominikanerkloster incorporando quanto restava della quattrocentesca Hospitalkirche, parzialmente distrutta durante i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, e completamente ristrutturato tramite lavori terminati nel 2014. Il programma ufficiale era preceduto dall’ esibizione degli studenti dello Zeppelin Gymnasium, che sotto la guida dei loro insegnanti di musica e di strumentisti dell’ orchestra hanno preparato ed eseguito brani strumentali e vocali di Ligeti dimostrando un livello tecnico davvero notevole, soprattutto tenendo conto del fatto che non si tratta di giovani che studiano musica a livello professionale. Una bella iniziativa, ennesima dimostrazione del grande valore attribuito dai tedeschi all’ educazione musicale dei ragazzi.

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Foto ©Oliver Röckle

Per quanto riguarda il programma del concerto vero e proprio, esso accostava brani per tastiera e varie combinazioni di strumenti ad arco, scelti fra la produzione di Ligeti dedicata alla rielaborazione di melodie folkloristiche ungheresi e combinati con musiche dello stesso tipo scritte da altri autori magiari. Esecutore dei brani per pianoforte e clavicembalo era Anthony Romaniuk, tastierista nato e cresciuto in Australia che dopo studi jazzistici seguiti a New York ha ampliato il suo campo di ricerca alla musica barocca e in seguito a diverse altre correnti stilistiche fino alla musica contemporanea, all’ Indie Rock e all’ improvvisazione. Io conoscevo Romaniuk tramite la sua collaborazione al CD registrato nel 2015 dalla violinista moldava Patricia Kopatchinskaja e intitolato Take two e questo ascolto dal vivo mi ha confermato le sue qualità di tastierista abile e caratterizzato da grande versatilità nello spaziare fra diversi stili. Molto bella in particolare ho trovato l’ eseguzione di Hungarian rock, brano cembalistico di Ligeti scintillante di ritmi davvero trascinante del settimo brano da Musica Ricercata, raccolta di brani pianistici nati da esperimenti con strutture minimaliste di ritmo e suono, “per costruire nuova musica dal nulla, per così dire”, come disse lo stesso compositore. L’ effetto che l’ artista ottiene con una assoluta economia di mezzi espressivi è di grande effetto per l’ ascoltatore. Va anche ricordato che il secondo brano della Musica Ricercata è stato usato nella colonna sonora del film Eyes Wide Shut di Stanley Kubrick.

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Foto ©Oliver Röckle

Nei brani per strumenti ad arco assortiti in diverse combinazioni, gli strumentisti della Stuttgarter Kammerorchester hanno messo in mostra tutto il livello altissimo delle loro possibilità tecniche. Di grande effetto in particolare erano i due pezzi per completa orchestra d’ archi, Letjös di Sándor Veress e l’ Adagio dal Concerto op. 19 di Miklós Rósza. Ma tutte le musiche del programma, alcune delle quali abbastanza note agli appassionati come i Duetti per due violini e la scelta di brani dal Mikrokosmos di Béla Bartók, davano vita a una combinazione musicale assolutamente affascinante e di grande freschezza a cui il titolo Frech, frisch, ungarisch (in italiano: sfacciato, fresco e ungherese) scelto come motto distintivo del concerto si adattava perfettamente. Assolutamente logica e molto divertente era la conclusione del programma, con il Poème Symphonique per cento metronomi, composizione del 1962 che al suo apparire suscitò un mezzo scandalo e che rappresenta una tra le migliori dimostrazioni dell’ ironia tagliente che caratterizza molta della produzione di Ligeti ed evidente anticipazione di esperimenti minimalistici come avvenne in epoca successiva con Pendulum e Clapping hands di Steve Reich. Giusta conclusione per un concerto interessante e divertente, che ha suscitato l’ entusiasmo di un pubblico intervenuto numerosissimo.


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