
Foto ©Hiroyuki Ito/New York Times
Rafał Blechacz, il trentasettenne pianista polacco impostosi all’ attenzione internazionale con la vittoria nell’ edizione 2005 del prestigioso Premio Chopin a Varsavia, è impegnato in questo periodo in una tournée coincidente con la pubblicazione del suo ottavo CD registrato per la Deutsche Grammophon, che lo ha scritturato in esclusiva subito dopo il concorso producendo con lui negli anni successivi una serie di album dal grande successo commerciale (il CD di esordio, dedicato all’ esecuzione integrale dei Preludi di Chopin, balzò immediatamente ai primi posti nelle classifiche di vendita, con quasi 160000 copie acquistate dagli appassionati in tutto il mondo) e quasi tutti insigniti di premi discografici prestigiosi. Essendo da tempo un estimatore del pianismo di questo giovane artista continuatore di quella tradizione pianistica sviluppatasi nel suo paese e che ha avuto in Arthur Rubinstein e Krystian Zimerman i suoi massimi esponenti, non ho voluto perdermi il suo recital al Forum am Schlosspark di Ludwigsburg, dove Blechacz non si era finora mai esibito.
Nei miei molti anni di frequentazioni concertistiche, ho avuto modo di vedere molti giovani musicisti di talento bruciatisi in pochi anni per essersi buttati a corpo morto a suonare a destra e a sinistra. Negli anni seguenti il suo trionfo a Varsavia, conseguito dopo aver ricevuto una menzione d’ onore nel 1995 a soli dieci anni di età, Blechacz è invece riuscito ad amministrare saggiamente la sua carriera, limitando le sue esibizioni a una cinquantina di concerti annuali e proseguendo con grande prudenza lo sviluppo del repertorio. Del resto, si tratta di un ragazzo molto schivo e riservato di carattere, del tutto privo di tratti divistici, che oltre all’ attività concertistica è riuscito a concludere i suoi studi universitari di Filosofia con una tesi di dottorato in estetica musicale e a coltivare il suo interesse per le lingue antiche. Anche sul palcoscenico, Blechacz non assume atteggiamenti da showman e si comporta in modo elegante e molto concentrato, come se fosse impegnato in una sorta di riflessione intima sulla musica che sta eseguendo. Nei suoi dischi e nelle occasioni in cui ho avuto modo di ascoltarlo in concerto, ho sempre trovato nel fraseggio e nel tono interpretativo di Rafał Blechacz le caratteristiche di un interprete molto raffinato, del tutto privo di atteggiamenti spettacolari o semplicemente estroversi. Un pianismo decisamente per intenditori, da ascoltare in maniera attenta e meditata.
La prima parte del programma era dedicata a Chopin, con una scelta di brani quasi tutti già registrati da Blechacz. Splendida, assolutamente da ricordare, la lettura del Notturno op. 55 N° 1, reso con un rubato di altissima classe e una tornitura delle linee melodiche di rara finezza ed eloquenza. Notevolissime sono apparse anche le interpretazioni delle due Polacche op. 40; l’ atmosfera eroica della prima è stata realizzata con accordi dal suono omogeneo e timbratissimo e un fraseggio di grande nobiltà nella sua eloquenza mai esagerata. Ma devo dire che l’ impressione più forte l’ ho ricevuta dall’ esecuzione della seconda, quella in do minore, in cui le sonorità quasi spettrali in certi punti, ottenute con un gioco di polso di altissima scuola, contribuivano a realizzare un’ atmosfera drammatica davvero avvincente. Elegantissima l’ interpretazione delle quattro Mazurke op. 6, anche queste impostate su una sonorità translucida, con una varietà di attacco dei tasti resa possibile da una tecnica raffinata e da una fantasia nella scelta delle dinamiche davvero di altissimo livello. Anche nella Polacca Fantasia op. 61 e nella celeberrima Polacca in la bemolle maggiore op. 53, il virtuoso polacco è riuscito a trovare di puro istinto le soluzioni interpretative più logiche ed efficaci, in un tono di fraseggio e di scelta degli equilibri sonori che l’ ascoltatore riconosce immediatamente come “giusto”. Quello di Blechacz è uno Chopin del tutto privo di sentimentalismi gratuiti, reso con un senso del tempo “rubato” di altissima classe e una tornitura delle linee melodiche di rara finezza ed eloquenza in una esecuzione che ha confermato la classe assolutamente fuori dal comune di un pianista ormai giunto alla piena maturità dal punto di vista tecnico e musicale.
Anche nella Sonata in la maggiore K. 331 che apriva la seconda parte del concerto, Rafał Blechacz ha trovato soluzioni interpretative di grande finezza mettendo in mostra una tecnica di prim’ ordine nelle agilità brillanti, con sfumature di tocco che producevano un suono liquido e pastoso caratterizzato da un jeu perlé incantevole nel continuo trascolorare delle sfumature dinamiche. Splendida anche l’ esecuzione del famosissimo Rondò alla turca conclusivo, reso con squisita eleganza di fraseggio. Anche nella Suite Bergamasque di Debussy si potevano apprezzare la trasparenza delle sonorità liquide e iridescenti, la scelta calibratissima dei colori e il tono intenso e concentrato del fraseggio. Il concerto si concludeva con le Variazioni in si bemolle minore op. 3 di Karol Szymanowski, composte nel 1903 e dedicate ad Arthur Rubinstein che del compositore polacco era grande amico. Oltre al fascino delle linee melodiche, il pezzo si caratterizza per una costruzione armonica molto elaborata e raffinata, con un uso sagace di cromatismi e dissonanze che contribuiscono a rendere molto interessante la struttura armonica. Blechacz, che è un appassionato divulgatore anche della musica di questo suo altro conterraneo, lo ha eseguito in maniera tecnicamente scioltissima e disinvolta, con fraseggi e sonorità di squisita ricercatezza. Grande successo finale e come bis il Valzer op. 64 N° 2 di Chopin, suonato con rubati finissimi e un magnifico tono di aristocratica eleganza. Una perfetta conclusione per una serata di grande musica.
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