Forum am Schlosspark – Víkingur Ólafsson e la Bergen Philharmonic Orchestra

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Foto ©Arte Frankfurt/ Ansgar Klostermann

Negli ultimi anni il nome di Víkingur Ólafsson si è imposto all’ attenzione del pubblico e della stampa internazionale, per una serie di album incisi dopo la firma di un contratto in esclusiva con la Deutsche Grammophon che hanno riscosso un notevole apprezzamento dalla critica e dagli appassionati. In particolare sono state molto gradite le sue esecuzioni della musica di Bach, che gli hanno fatto meritare la definizione di “Iceland’ s Glenn Gould” coniata per lui dal New York Times. In questi giorni il quarantenne pianista islandese è impegnato in una tournée tedesca insieme alla Bergen Philharmonic Orchestra, che comprendeva anche il Forum am Schlosspark di Ludwigsburg, in questa occasione quasi completamente pieno di spettatori attirati senza dubbio dalla curiosità verso questo nuovo nome del concertismo internazionale. Il brano solistico scelto per questo appuntamento doveva essere il Concerto in la minore di Grieg, ma qualche ora prima dell’ inizio lo strumentista islandese ha deciso di sostituirlo con il Concerto di Schumann, eseguito in altre tappe del giro concertistico. Anche se personalmente mi sarebbe piaciuto di più ascoltare il brano di Grieg, la lettura del Concerto in la minore di Schumann ha consentito ugualmente di farsi un’ idea attendibile delle caratteristiche dell’ esecutore.

Come tutti i pianisti della giovane generazione, Víkingur Ólafsson suona a un livello tecnico decisamente elevato. Il timbro è rotondo, ben definito e ricco di sfumature, dal colore trasparente e cristallino, il controllo digitale e l’ ampiezza della gamma dinamica sono quelle di un concertista di alta classe. Dal punto di vista interpretativo siamo senza dubbio in presenza di una personalità chiara e ben definita. Il fraseggio di Ólafsson è assai personale, notevole per eleganza e ricchezza di dettagli, con un eccellente controllo della dinamica e un’ eccellente dominio dei passi virtuosistici. Si tratta decisamente di un interprete dotato di carisma e comunicativa ma anche di un gusto molto sorvegliato e mai tendente a scadere nell’ effettismo gratuito. Il Concerto di Schumann è una partitura molto ostica dal punti di vista dell’ equilibrio tra il solista e l’ orchestra e sotto questo aspetto il pianista berlinese ha trovato un magnifico sostegno da parte di Edward Gardner, che come accompagnatore ha dimostrato la rara capacità di calibrare il sostegno orchestrale in maniera molto precisa sulle caratteristiche del solista. Il risultato complessivo è stato davvero eccellente nell’ insieme, per la cura dei particolari e la splendida evidenza conferita dal giovane solista alle linee melodiche, anche se per il mio gusto il movimentola centrale poteva essere suonato con un po’ di rubato in più. Ad ogni modo, la mia impressione finale sulla prova di Ólafsson è stata decisamente positiva e a mio avviso si tratta senza dubbio di un pianista dotato di qualità interpretative personali e ben definite, sicuramente da seguire con attenzione nei prossimi anni. Due i bis concessi dal virtuoso agli spettatori del Forum am Schlosspark: un suo arrangiamento del primo movimento dalla Prima Sonata per violino e cembalo di Bach e Le Rappel des Oiseaux di Jean-Philippe Rameau.

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Foto ©Mozart2006

La Bergen Philharmonic Orchestra ha aperto il programma con la Sørgemarsch over Rikard Nordraak (Marcia funebre per Rikard Nordraak), l’ altro brano di Edvard Grieg originalmente previsto come omaggio al compositore da quella che è la formazione sinfonica della sua città natale. Fondato nel 1765, il complesso norvegese ha avuto per due anni, dal 1880 al 1882, lo stesso Grieg come direttore stabile e negli ultimi decenni altre bacchette di prestigio come Aldo Ceccato, Dimitri Kitajenko, Simone Young e Andrew Litton. Dal 2015 l’ incarico di Chefdirigent è stato assunto da Edward Gardner, quarantottenne musicista britannico originario di Gloucester e da due anni anche subentrato alla guida della London Philharmonic Orchestra come successore di Vladimir Jurowski. Si tratta di un direttore esperto, regolarmente ospite dei teatri internazionali e autore di pregevolissime interpretazioni non solamente degli autori suoi connazionali come Elgar, Vaughan Williams e Britten, ma anche in un repertorio comprendente Berlioz e Wagner.  L’ esecuzione del primo brano ha confermato non solo la sua abilità direttoriale ma anche le qualità della Bergen Philharmonic Orchestra, che suona davvero da complesso di prima categoria per la bellezza setosa del suono degli archi dotati di una cavata davvero superba e l’ opulenza timbrica dei fiati.

Tutto questo è stato pienamente confermato dalla seconda parte del programma, con l’ eccellente lettura delle Danze Sinfoniche op. 45 di Rachmaninov, partitura scritta per la Philadelphia Orchestra ed Eugene Ormandy, che ne fu direttore stabile dal 1936 al 1980 e che ne diresse la prima esecuzione assoluta il 3 gennaio 1941. Il compositore russo aveva scritto il brano pensando a una possibile rappresentazione coreografica, per la quale aveva preso contatti con Michel Fokine, che aveva aderito entusiasticamente al progetto dopo aver ascoltato la suite di danze eseguita al pianoforte dall’ autore. Purtroppo la morte improvvisa del celebre coreografo nell’ agosto 1942, seguita da quella di Rachmaninov sette mesi più tardi, impedì la realizzazione del progetto. Ci resta una partitura sinfonica che costituisce in qualche modo un riassunto della vita artistica del musicista russo, con varie citazioni di lavori precedenti come il tema della Prima Sinfonia nel movimento iniziale, e un’ atmosfera che richiama a tratti il modo di strumentare di Stravinsky combinato con citazioni jazzistiche e altre reminiscenze di vario genere, come il tema del Dies Irae nel terzo movimento. Edward Gardner  ne ha dato un’ interpretazione curatissima nei dettagli, con colori orchestrali di grande varietà e bellezza, perfettamente assecondato da un’ orchestra assai duttile. Alla fine grande entusiasmo del pubblico, tra il quale faceva molto piacere la presenza di numerosi giovani spettatori, ripagato con due bis orchestrali: Åses død (la morte di Aase), secondo brano dalla Suite N°1 op. 46 tratta dalla musiche di scena composte da Grieg per il Peer Gynt di Ibsen e nel quale si poteva ammirare lo stupendo, intensissimo legato degli archi, seguito dallo spettacolare Galopp Maskerade di Aram Kachaturian, nel quale l’ orchestra ha avuto un’ occasione in più per mettere in mostra tutto il suo virtuosismo. Bellissima conclusione, per una concerto davvero di livello notevole.


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