
Foto ©Holger Schneider
Il Forum am Schlosspark ha inaugurato la sua stagione musicale con il primo concerto della Internationale Bachakademie, che da un paio d’ anni ha trasferito a Ludwigsburg una replica dei suoi Akademiekonzerte in abbonamento. In programma era il celebre oratorio Jephta di Händel, ultimo lavoro in questa forma scritto dal compositore di Halle, che potè a stento terminare la partitura a causa della cecitá progressiva che lo aveva colpito dopo un’ operazione chirurgica finita male. Rappesentato per la prima volta il 26 febbraio 1752 alla Royal Opera House Covent Garden, Jephta è un affresco strumentale e corale di vaste proporzioni il cui testo fu scritto dal reverendo Thomas Morrel prendendo spunto da un episodio del libro dei Giudici in cui Jephta, comandante delle armate di Israele, fa voto di sacrificare la prima persona che incontrerà dopo la battaglia e quando fa rientro a casa trova per prima la figlia Iphis. In pratica, si tratta di un’ altra versione della leggenda greca di Idomeneo. In questo lavoro la tradizionale struttura dell’ oratorio viene rivista alla luce di una drammaticità di pretta matrice teatrale, tanto da far assumere alla partitura caratteristiche molto vicine a quelle di una vera e propria opera lirica di argomento biblico. La musica è in ogni caso pienamente all’ altezza del livello raggiunto da Händel nei suoi capolavori composti durante il periodo della sua piena maturità, per ricchezza di ispirazione e genialità nelle soluzioni di scrittura. Oltre alla fattura squisita di numerose arie, si segnala in modo particolare la varietà di soluzioni trovate dal musicista di Halle nel trattamento del recitativo accompagnato, che in questo lavoro anticipa per molti aspetti certe atmosfere che ritroveremo nelle opere più celebri di Glück pochi decenni più tardi.

Foto ©Holger Schneider
L’ esecuzione che abbiamo ascoltato al Forum di Ludwigsburg è stata sicuramente di ottimo livello complessivo. Hans-Cristoph Rademann, profondo conoscitore di questo repertorio, ha guidato la Gaechinger Cantorey ottenendo risultati eccellenti nel delineare il vasto respiro di questo grandioso affresco biblico, con un grande equilibrio nella definizione dei fraseggi strumentali e corali realizzato con splendida precisione dal coro e dall’ orchestra. Molto buona anche la prova dei solisti a partire da Carolyn Sampson, soprano statunitense conosciuta soprattutto per la sua partecipazione al ciclo integrale delle Kantaten bachiane registrato da Maasaki Suzuki e considerata tra le migliori specialiste barocche del momento, che ha reso con grande espressività il tono nobile e dolente delle arie di Iphis. Ottima anche la prova del mezzosoprano Marie Henriette Reinhold, nativa di Leipzig e giá affermata a livello internazionale soprattutto come concertista nonostante abbia iniziato la carriera da pochi anni, che nel ruolo di Storgè ha messo in mostra notevoli qualità interpretative e un senso dello stile molto sviluppato. Il giovane soprano inglese Lucy de Butts ha cantato con buona sicurezza l’ aria dell’ Angelo che nella terza parte risolve positivamente la vicenda come deus ex machina. Vocalmente molto efficace e incisivo nella declamazione il controtenore inglese Tim Mead nella parte di Hamor, l’ innamorato infelice di Iphis. Notevolissimo Joshua Ellicott, tenore nativo di Manchester che ha reso molto bene il ruolo del protagonista con una bella varietà di accenti e un’ emissione molto ben controllata, soprattutto nella celebre aria Waft her, angels, thro’ the skies posta all’ inizio della terza parte, sicuramente uno tra i vertici della partitura e di tutta la musica di Händel. Autorevole nel fraseggio e molto composto vocalmente anche il basso-baritono Roderick Williams come Zebul. Successo vivissimo per una serata che ci ha dato la possibilità di ascoltare un capolavoro non molto frequentemente eseguito, in una interpretazione assai pregevole.
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