
Foto ©Andrea Kremper
Dopo la tappa a Ludwigsburg di due settimane fa, la Chamber Orchestra of Europe ha dato inizio a una residence nel Festspielhaus Baden-Baden, con un ciclo intitolato La Capitale d’ Été composto da quattro concerti sinfonici intervallati da due serate cameristiche e dedicato in gran parte alla musica di Johannes Brahms e di due compositrici a lui coeve, Clara Schumann e Louise Farrenc. Sul podio per questa serie di appuntamenti era il quarantasettenne Yannick Nezet-Séguin, direttore nativo di Montreal considerato oggi tra le massime bacchette della sua generazione, attualmente impegnato come Music Director della Philadelphia Orchestra e del Metropolitan di New York. Io sono andato ad assistere alla seconda serata della serie, che mi interessava in modo particolare per la presenza solistica di Beatrice Rana, la ventinovenne pianista italiana che dopo il secondo premio conseguito nell’ edizione 2013 della prestigiosa Van Cliburn Piano Competition ha iniziato una carriera internazionale che l’ ha portata a esibirsi con quasi tutte le grandi orchestre mondiali e nelle stagioni concertistiche più prestigiose. Avevo già avuto modo di ascoltare la virtuosa leccese alcuni anni fa in un concerto a Stuttgart e poi in un recital solistico a Esslingen, riportandone in entrambi i casi impressioni molto positive. Dopo l’ ascolto della sua esecuzione del Concerto in la minore op. 54 di Schumann, confermo che siamo di fronte non più a una promessa, ma a una splendida realtà di musicista destinata a una carriera luminosa.
Come tutti i pianisti della giovane generazione, Beatrice Rana suona a un livello tecnico decisamente elevato. Il timbro è rotondo, ben definito e ricco di sfumature, il controllo digitale e l’ ampiezza della gamma dinamica sono quelle di un concertista di alta classe. Ma questo non è raro al giorno d’ oggi. Ho avuto più volte occasione di scrivere che nella nostra epoca sta crescendo una generazione di giovani concertisti dal livello di preparazione elevatissimo, tanto da far pensare ad una vera e propria epoca d’ oro soprattutto per quanto riguarda i violinisti e i pianisti. La cosa che mi interessa verificare in questi casi è se e come queste qualità tecniche sono al servizio di una personalità musicale definita e devo confermare una volta di più che Beatrice Rana possiede in pieno questa qualità. Quello che colpisce nel pianismo di questa giovane italiana è il carisma, la comunicativa davvero da concertista di alto livello. Dal punto di vista interpretativo siamo senza dubbio in presenza di una personalità chiara e ben definita. Il fraseggio di Beatrice Rana è notevole per eleganza e ricchezza di dettagli, con un magnifico controllo della dinamica e un’ eccellente dominio dei passi virtuosistici, oltre che caratterizzato da un gusto molto sorvegliato e mai tendente a scadere nell’ effettismo gratuito. Il Concerto di Schumann è una partitura molto ostica dal punti di vista dell’ equilibrio tra il solista e l’ orchestra e sotto questo aspetto Beatrice Rana ha trovato un magnifico sostegno da parte di Yannick Nezet-Séguin, che come accompagnatore ha dimostrato una rara capacità di calibrare il sostegno orchestrale in maniera molto precisa sulle caratteristiche della solista. Il risultato complessivo è stato davvero eccellente nell’ insieme, per la cura dei particolari e la splendida evidenza conferita dalla giovane virtuosa italiana alle linee melodiche. Un’ interpretazione che mi ha lasciato il desiderio di ascoltare la ragazza pugliese anche in altri lavori schumanniani come il Carnaval, Kreisleriana o Papillons dei quali potrebbe dare interpretazioni certamente interessanti. Come bis, Beatrice Rana ha eseguito Widmung, il celebre Lied di Schumann tratto dal ciclo Myrthen op. 25, trascritto per pianoforte solo da Franz Liszt. Una lettura ammirevole per senso del canto e intensità di fraseggio, che ha concluso in maniera splendida una prestazione davvero di alta classe, da parte di un’ artista che sicuramente ci offrirà molte altre serate emozionanti in futuro.

Foto ©Andrea Kremper
Dopo la pausa, Yannick Nezet-Séguin ci ha offerto una eccellente lettura della Seconda Sinfonia di Brahms confermando ulteriormente tutte le migliori qualità di una personalità interpretativa che a me in questa serata è apparsa davvero assai notevole. Non avevo mai ascoltato il maestro di Montreal alle prese con il repertorio classico, ma devo dire che in questa esecuzione ho trovato una padronanza dello stile davvero notevole, oltre a una tecnica direttoriale completa e di qualità. Il direttore canadese ha scelto un’ impostazione interpretativa molto classica e composta, dando il massimo rilievo alla cantabilità melodica e ai colori morbidi, al pastello, dei legni nei primi due movimenti, sottolineando poi molto bene gli scambi coloristici tra archi e fiati nell’ Allegretto grazioso, reso con una bella delicatezza e grande attenzione nella scelta delle dinamiche. Ottima anche l’ esecuzione del Finale, in cui Nezet-Séguin ha graduato con cura minuziosa la progressione ritmica sfociante in una fanfara finale la cui spettacolare esplosione appariva in questo modo assolutamente logica. Assolutamente impeccabile la prova fornita dalla Chamber Orchestra of Europe, con una splendida resa degli assoli da parte di strumentisti di comprovato valore come la flautista Clara Andrada e Philippe Tondre, per molti anni primo oboe alla RSO des SWR e attualmente della Philadelphia Orchestra, oltre alla cui sezione archi è stata davvero impeccabile per compattezza, ricchezza timbrica e precisione di cavata. Successo assai vivo per una serata di livello davvero eccellente.
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