
Foto ©Holger Schneider
Con tre esecuzioni a Ludwigsburg della serenata pastorale Acis And Galatea di Händel nello Schlosstheater, il piccolo teatro barocco interno del Residenzschloss costruito nel 1758 da Philippe La Guêpière e poi ridisegnato da Nikolaus Friedrich von Thouret nel 1802, oggi visibile ancora con gli antichi meccanismi di scena, si è conclusa la stagione concertistica della Internationale Bachakademie Stuttgart. La composizione di questo lavoro, oggi uno tra i più eseguiti si tutta la produzione händeliana, risale al periodo in cui il musicista soggiornò presso la corte di James Brydges, Duca di Chandos, a Cannons, dal 1717 al 1719 circa, dove ricoprì il ruolo di direttore musicale. Acis and Galatea è una favola pastorale, che poteva essere eseguita in forma scenica o di concerto, il cui argomento è tratto dalla mitologia greca. Il libretto di John Gay, a cui collaborarono Alexander Pope e John Hughes, è tratto molto fedelmente dalle Metamorfosi di Ovidio nella traduzione inglese di John Dryden.
Già durante il suo soggiorno italiano, dieci anni prima a Napoli, Handel aveva composto una serenata per il matrimonio del Duca d’Alvito chiamata Aci, Galatea e Polifemo, HWV 72, basata sullo stesso mito, ma fu la versione inglese ad ottenere un grande successo popolare e Handel ne produsse personalmente numerosi allestimenti, in varie versioni, introducendo anche arie da suoi altri lavori in un testo che era stato originariamente composto su musica nuova. La prima esecuzione della partitura originale avvenne presumibilmente presso la dimora del Duca, nel maggio del 1718.

Foto ©Holger Schneider
In un’ atmosfera intima e raccolta come quella del teatro barocco di Ludwigsburg, Hans-Christoph Rademann in questa occasione ci ha fatto ascoltare una delle sue migliori prestazioni in assoluto da quando dirige i complessi della Bachakademie. Il direttore sassone ha ottenuto dagli strumentisti e dal coro della Gaechinger Cantorey sonorità raffinate e un fraseggio di impeccabile eleganza. La trasparenza del tessuto strumentale e la chiarezza assoluta dell’ articolazione nelle parti vocali facevano di questa esecuzione un modello di assoluto riferimento per penetrazione espressiva a consapevolezza stilistica. La preziosa e raffinata cornice creata dai tredici strumentisti costituiva un’ atmosfera ideale per un quartetto solistico formato da giovani voci di grande bellezza. Il giovane soprano inglese Keri Fuge, cantante che ha già collaborato con direttori importanti, ha tratteggiato un ritratto finissimo di Galatea mettendo in mostra una voce di bel colore e un graseggio aggraziato. Molto buone anche le voci maschili di Joshua Ellicott, tenore nativo di Manchester che ha reso molto bene il ruolo di Acis con una bella varietà di accento e un’ emissione molto ben controllata, del Damon efficacemente caratterizzato dal tenore islandese Benedikt Kristjánsson, che ha impressionato per la luminosità di un timbro vocale davvero attraente e supportato da una buona impostazione tecnica, e del Polifemo del basso-baritono Andreas Wolf, cantante che avevo ascoltato pochi giorni fa come pregevole Figaro mozartiano alla Staatsoper Stuttgart e che in questi ultimi anni si è segnalato come uno tra i più interessanti specialisti barocchi delle ultime generazioni, per la morbidezza e la qualità del timbro. Successo assai vivo da parte di un pubblico che ha gradito moltissimo questa esperienza di immersione visiva e sonora in un clima di altri tempi.
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