Staatsorchester Stuttgart – Marek Janowski

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Foto ©Staatsorchester Stuttgart/FB

La Staatsorchester Stuttgart ha iniziato la propria stagione concertistica, finalmente in formazione completa. Erano trascorsi più di venti mesi dall’ ultima volta in cui il complesso aveva potuto esibirsi a organico pieno e il pubblico è accorso numeroso alla Liederhalle per quella che si può definire un’ occasione di festa con tutti i biglietti disponibili esauriti in largo anticipo. Tutte queste serate di cui sto dando conto dimostrano senza ombra di dubbio che la gente non ha paura e vuole assolutamente tornare ad ascoltare musica dopo questo periodo terribile, che ancora non ci siamo lasciati del tutto alle spalle. Per quanto mi riguarda personalmente, devo dire che io non mi sono ancora del tutto abituato all’ atmosfera che si respira nel foyer e vivo sempre ognuna di queste occasioni come se fosse un bel sogno che finalmente si avvera. Cosí è stato anche in questa circostanza, per un concerto davvero di ottima qualità.

Il programma scelto da Marek Janowski, sul podio per questo appuntamento inaugurale, era interamente dedicato a musiche di Antonin Dvořák. L’ ottantaduenne direttore nato a Warschau e cresciuto in Germania, che tornava per la terza volta a dirigere la Staatsorchester Stuttgart, è noto agli appassionati soprattutto per alcune splendide incisioni operistiche come quella dell’ Euryanthe di Weber con Jessye Norman e Nicolai Gedda e i due cicli del Ring wagneriano realizzati con la Statskapelle Dresden e con la Rundfunk-Sinfonieorchester Berlin, complesso di cui Janowski è stato Chefdirigent per quattordici anni e col quale ha realizzato nel 2013 l’ incisione integrale delle opere di Wagner in una serie di esecuzioni dal vivo. Io ricordo molto bene la splendida interpretazione del Tristan und Isolde che Janowski realizzò alla Fenice di Venezia ventisette anni fa e che rimane nella mia memoria come una delle migliori esecuzioni del capolavoro wagneriano da me ascoltate in teatro.

All’ inizio abbiamo ascoltato l’ ouverture Othello op. 93, composta da Dvořák tra il marzo 1891 e il gennaio 1892 come terza parte di un ciclo di tre brani comprendente anche V Přírodě op. 91 e Karneval op. 92. Come la critica contemporanea sottolineò dopo le prime esecuzioni, in questa triade orchestrale il compositore utilizza una serie di effetti orchestrali che stilisticamente dimostrano influssi presi dalla scrittura orchestrale di Liszt e Wagner. un esempio tipico lo si trova poco prima dello sviluppo, quando l’orchestra suona un’ insolita progressione armonica che corrisponde inequivocabilmente agli Schlafakkorde nella scena finale di Die Walküre di Wagner. Il pezzo ha dimostrato subito l’ eccellente stato di forma della Staatsorchester Stuttgart, nella quale si vedevano diversi nuovi giovani strumentisti, dimostratasi omogenea nel suono, precisa e ottima nell’ assecondare la lettura di serrato e severo splendore sinfonico impostata da Janowski.

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Veriko Tchumburidze nelle prove. Foto ©Staatsorchester Stuttgart/FB

Il brano successivo era il Concerto per violino op. 53, la cui parte solistica era affidata a Veriko Tchumburidze, vincitrice in luglio di un concorso qui a Stuttgart che prevedeva come premio la possibilitá di suonare in concerto con la Staatsorchester. Nata in Turchia da una famiglia georgiana, la venticinquenne Veriko Tchumburidze si è fatta conoscere nel 2016 con la vittoria al Concorso Wieniawski ed è uno tra i più recenti prodotti della prestigiosa scuola violinistica di Ana Chumachenco alla Hochschule für Musik und Theater München, da cui sono uscite tante altre virtuose di classe internazionale come Arabella Steinbacher, Lisa Batiashvili, Julia Fischer e Veronika Eberle. Il Concerto di Dvořák, scritto per il grande virtuoso tedesco Joseph Joachim che però non lo eseguì mai in pubblico nonostante avesse chiesto e ottenuto dal compositore significative modifiche alla partitura originale, è un pezzo che richiede all’ esecutore tecnica completa e maturità espressiva. L’ interpretazione di Veriko Tchumburidze dimostrava un temperamento e una carica emotiva trascinanti, oltre a un’ abilità strumentale davvero da musicista di gran classe e a una notevole autorevolezza di fraseggio, esibita sin dalla prima entrata, inconsueta in una musicista così giovane. Il suono della ragazza turco-georgiana, che dispone di uno splendido violino Guadagnini del 1756, è molto bello di qualità anche se non di grande volume soprattutto nella quarta corda ma timbratissimo in tutta la gamma e ricco di sfumature coloristiche. Le cose più belle della sua esecuzione le abbiamo ascoltate nell’ Adagio ma non troppo in cui la giovane violinista ha sfruttato in pieno il bello sfondo sonoro servitole dalla Staatsorchester sotto la guida di un Marek Janowski molto attento nel calibrare il respiro dell’ accompagnamento orchestrale per un’ interpretazione intensissima e ricca di fervore nella cantabilità melodica. Veriko Tchumburidze ha poi esibito tutto il meglio delle sue risorse tecniche in una spettacolare lettura del Finale, che ha trascinato all’ entusiasmo il pubblico della Liederhalle. Se devo giudicare da questa esecuzione, la forza espressiva e la comunicativa nel fraseggio evidenziate da questa giovane erano decisamente quelle di una virtuosa da tenere d’ occhio nei prossimi anni e che potrebbe ambire a una carriera internazionale di primissimo livello.

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Foto ©Staatsorchester Stuttgart/FB

Dopo la pausa, Marek Janowski e la Staatsorchester Stuttgart hanno eseguito la Sinfonia N° 8 in sol maggiore op. 88 di Antonin Dvořák. Il maestro tedesco ne ha dato un’ interpretazione complessivamente molto ben riuscita, basata su tempi generalmente abbastanza mossi uniti a tinte morbide e luminose, decisamente notevole per espressività, slancio e precisione. Dopo un movimento iniziale diretto da Janowski con tempi abbastanza veloci ma senza mai forzare il suono, molto bella è apparsa la resa dell’ Adagio, in cui la morbidezza e luminosità di suono esibite dalla sezione fiati del complesso hanno dato un bel fascino alle linee melodiche, e decisamente lodevole la raffinata flessibilità ritmica di fraseggio che Marek janowski è riuscito a ottenere nello stupendo Allegretto grazioso, per me la pagina più riuscita di tutta la partitura e uno tra i vertici della produzione musicale di Dvořák. Complessivamente buona mi è sembrata anche la definizione del movimento finale, con il progressivo accumularsi della tensione molto ben reso nelle progressioni ritmiche, senza mai saturare il suono e con gli spunti ritmici di danza popolare molto ben marcati. Successo trionfale da parte del pubblico della Liederhalle, felice di ritrovarsi finalmente nella sala amata per ascoltare due ore di grande musica.


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