Festival d’ Aix-en-Provence 2021 – Tristan und Isolde

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Foto ©Jean-Louis Fernandez

Come dopo essersi svegliati da un incubo, gli spettatori stanno affollando nuovamente i teatri europei per i festival estivi. Ad Aix-en-Provence, la cittadina francese nei dintorni di Marsiglia che dal 1947 organizza una rassegna divenuta gradatamente, sotto le gestioni di Bernard Lefort, Louis Erlo, Stéphane Lissner e Bernard Foccroulle, una tra le più importanti del panorama musicale europeo, Pierre Audi, alla sua seconda stagione da direttore artistico dopo che quella dello scorso anno era stata cancellata per la pandemia, ha presentato un cartellone di alto livello che ha fra i suoi highlights un nuovo allestimento del Tristan und Isolde affidato alla direzione musicale di Sir Simon Rattle e a quella scenica di Simon Stone. Approfittando della diretta streaming programmata da ARTE, come sempre eccellente per qualitá visiva e sonora, abbiamo potuto renderci conto dei pregi e difetti di uno spettacolo che alla prima rappresentazione ha ottenuto un trionfo di pubblico per tutti i componenti della parte musicale, accompagnato da forti dissensi nei confronti della regia. In effetti, da quello che si è visto, la messinscena era ricca di pregi ma anche di grossi difetti, di buone idee e di altre invece da dimenticare. Simon Stone, regista nativo di Basel e formatosi prima in Inghilterra e poi in Australia, che ha ottenuto una reputazione internazionale con le sue produzioni della Médée di Cherubini e del Lear di Aribert Reimann realizzate per il Salzburger Festspiele e poi con il bell’ allestimento di Die tote Stadt di Korngold presentato prima al Theater Basel e poi alla Bayerische Staatsoper, ha impostato la sua lettura scenica del Tristan su una specie di trasposizione visiva del triangolo sentimentale svoltosi fra Richard Wagner e i coniugi Wesendonck, qui impersonati da borghesi della nostra epoca, che nelle loro visioni rivivono la tragica vicenda sentimentale di Tristan e Isolde.

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Foto ©Jean-Louis Fernandez

Il Konzept non è banale ed è sviluppato in maniera coerente e tecnicamente impeccabile, grazie alla splendida recitazione di tutto il cast. Ci sono in questa regia anche momenti di grande bellezza, come l’ atmosfera da incubo del secondo atto realizzata tramite il moltiplicarsi delle coppie di amanti in scena e il finale del terzo atto, che si svolge tutto in un vagone del Métro di Parigi e termina con Isolde che restituisce l’ anello nuziale a Tristan e se ne va con l’ amante, impersonificazione di Melot nel sogno, lasciando il protagonista in una disperata solitudine. Il grosso problema consiste nel fatto che, a mio avviso, lo spettacolo è sovraccarico e la parte visiva sovrasta la musica, che da questa messinscena risulta in secondo piano contravvenendo quindi al concetto wagneriano di Gesamtkunstwerk che esige una perfetta compenetrazione tra arti sonore, visive e letterarie. Personalmente io ritengo che il principale difetto di molte produzioni operistiche moderne non sia tanto la trasposizione temporale, che se ben condotta ci può anche stare, quando la mania di voler strafare da parte di registi che esagerano nel riempire il palcoscenico di elementi superflui. Non è una caratteristica che appartiene solo al Regietheater, visto che anche Zeffirelli amava caricare le sue messinscene di tutto il possibile, ma i registi di oggi ne hanno fatto, in troppe occasioni, un marchio di fabbrica. Nel caso in esame, il continuo andirivieni di personaggi sulla scena disturba in maniera grave una drammaturgia essenziale e scarna come quella del Tristan und Isolde, talmente particolare e ridotta all’ osso che l’ autore stesso la definisce Handlung in drei Aufzügen e non dramma musicale. Nell’ insieme, quindi, una prova interlocutoria e poco felice da parte di un regista che evidentemente non è adatto a questo tipo di repertorio.

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Foto ©Jean-Louis Fernandez

Di livello ben superiore era per fortuna la parte musicale. Sir Simon Rattle ha ripetuto sul podio della London Symphony Orchestra, la compagine della quale sarà Music Director sino al 2023 per poi assumere la guida della Symphonieorchester des Bayerischen Rundfunks, la stupenda interpretazione che avevo ascoltato all’ Osterfestspiele di Baden-Baden cinque anni fa. Dal direttore di Liverpool io ho ascoltato anche notevolissime esecuzioni del Parsifal, sempre a Baden-Baden, e della Walküre a München, e non tempo di sbilanciarmi definendolo uno tra gli interpreti wagneriani più autorevoli della nostra epoca. Rispetto all’ edizione di Baden-Baden, la sua visione dell’ opera mi sembra aver guadagnato in intensità drammatica e urgenza teatrale, pur conservando le caratteristiche di precisione analitica e squisita ricerca coloristica che ne costituiscono l’ aspetto principale. A tutto questo l’ ex direttore dei Berliner Philharmoniker aggiunge una coerenza implacabile nell’ analisi strutturale che si traduce in atmosfere sonore di una violenza quasi espressionistica, come accade per esempio nelle celebri pagine in 5/4 che precedono la morte di Tristan dove il vero e proprio progressivo disgregarsi della struttura armonica è stato realizzato con un’ evidenza che poche volte accade di sentire. Una grande prova di un grandissimo direttore, che tale è e resta Sir Simon Rattle a dispetto di certa critica, soprattutto italiana, che ama farne l’ oggetto di brontolii e ironie da quattro soldi.

All’ altezza della situazione è stata anche la compagnia di canto. Il cinquantatreenne tenore australiano Stuart Skelton appariva molto più in forma rispetto alla Walküre monacense e con la sua voce robusta regge senza incertezze la pesante tessitura del ruolo di Tristan, uscendo indenne anche dal terribile terzo atto. Nina Stemme è una tra le Isolde di riferimento nella nostra epoca e anche qui la sua interpretazione è stata ammirevole per intensità di fraseggio e di azione scenica, a dispetto di qualche smagliatura timbrica nel settore acuto dovuta all’ avanzare dell’ età. Anche Franz-Josef Selig ha una voce che suona ormai parecchio usurata, ma l’ interprete è ancora in grado di sottolineare con efficacia l’ amarezza di König Marke quando si accorge di essere stato tradito da quello che considerava il suo migliore amico. Jamie Barton, trentanovenne mezzosoprano nativa degli Stati Uniti, impersonava una Brangäne con taglio di capelli in stile punk e tatuaggi sulle braccia, vocalmente comunque molto efficace. Buona anche la prova del baritono austriaco Josef Wagner, che ha tratteggiato un Kurwenal giovanile, gagliardo e ricco di umanità. Il pubblico, che riempiva al completo il Grand Théâtre de Provence, splendida costruzione dell’ architetto italiano Vittorio Gregotti inaugurata nel 2007, era anch’ esso un bello spettacolo da vedere: è stata davvero una gioia rivedere finalmente una sala piena di spettatori entusiasti, che hanno tributato un caloroso successo a tutti gli interpreti.


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