Fra tutti gli appuntamenti con cui le varie istituzioni musicali di Stuttgart stanno ricominciando la loro attività, il concerto della Stuttgarter Kammerorchester nella Domkirche St. Eberhard, la principale chiesa cattolica di Stuttgart, era particolarmente interessante per il programma imperniato sul Quintetto in fa maggiore di Anton Bruckner, eseguito nella versione per orchestra d’ archi preparata da Hans Stadlmair. Come per tutte le manifestazioni concertistiche di questo periodo, anche per questa serata i cento posti messi a disposizione del pubblico sono andati esauriti in un attimo e gli spettatori ammessi nella chiesa cattolica posta all’ angolo tra la Königstraße e la Schlossplatz hanno applaudito a lungo Thomas Zehetmair e i diciassette strumentisti della Stuttgarter Kammerorchester che tornavano ad esibirsi in pubblico dopo quasi tre mesi e mezzo. Come detto in apertura, a me interessava molto questo concerto per la possibilità di ascoltare dal vivo il Quintetto di Bruckner, opera straordinaria e del tutto isolata nel contesto della produzione del compositore austriaco e che simboleggia quasi idealmente un punto di aggancio con le ultime composizioni beethoveniane per quartetto, al punto da suscitare interesse e ammirazione da parte del giovane Schönberg, di Max Reger e di Paul Hindemith. Il Quintetto in fa maggiore è l’ unico lavoro cameristico di una certa estensione scritto da Anton Bruckner e anche l’ unico a dare un’ idea abbastanza attendibile di quanto la sua maniera di far musica differisse anche in questo ambito da quella dei suoi predecessori. Tra la fine del 1878 e la prima metà del 1879 Bruckner compose questo brano, in luogo del quartetto per archi che gli era stato richiesto, con il proposito di non travalicare i confini della scrittura per questo tipo di strumentazione, quindi di non scrivere una “sinfonia per quintetto d’archi”. Rispetto alle sue Sinfonie, le opere che lo impegnarono di più insieme a quelle sinfonico-corali di carattere sacro, si avverte nel Quintetto una compiuta chiarezza dei temi e delle gerarchie tra i vari elementi, come pure una nitida campitura armonica. Malgrado ciò, gli esempi classici sono distanti: la musica scorre seguendo più il respiro del suono che non l’ ordine architettonico delle forme, e man mano che si procede la dimensione sinfonica si accentua per giungere al culmine all’ inizio del Finale con le prime battute che iniziano, come avviene in alcune delle Sinfonie bruckneriane, con un tremolo. Joseph Hellmesberger, il committente del brano, trovò lo Scherzo tecnicamente troppo impegnativo per il suo gruppo di esecutori. Su sua richiesta Bruckner lo sostituì allora con un più semplice intermezzo, che attualmente viene eseguito solo come una pagina indipendente e che rappresenta l’ unico altro contributo dell’autore alla letteratura per complesso di archi.
Come nota però giustamente Sergio Martinotti nel suo libro che rappresenta ancora oggi il contributo italiano più rilevante alla letteratura critica bruckneriana, già in questo Quintetto si intravvede una non troppo velata “provocazione sinfonica”, repressa però in un accento più raccolto, e lo studioso rileva acutamente una didascalia alla quinta battuta del secondo tema dell’ ampio Adagio Mit Wärme ripresa testualmente nell’ Adagio della Settima ed evocata nel clima di intensa emotività delle due Sinfonie successive. Il Quintetto comunque risulta maggiormente singolare e inaspettato negli esiti all’ epoca della sua pubblicazione, per gli elementi stilistici che si richiamano all’ ultimo Beethoven e al suo concetto della variazione incrementata dal linguaggio cromatico.
La trascrizione per orchestra d’ archi dei Quartetti e Quintetti costituisce la testimonianza di una tradizione esecutiva antica che annovera esponenti illustri come Gustav Mahler, il quale arrangiò per orchestra d’ archi e diresse il Quartetto op. 135 di Beethoven oltre al celeberrimo Der Tod und das Mädchen di Schubert, ed è documentata anche da altre leggendarie incisioni discografiche come quella di Wilhelm Furtwängler della Große Fuge, sempre del musicista di Bonn. È un tipo di lettura che richiede una grande attenzione da parte del direttore nel dosare le sonorità per non appesantire e rendere poco comprensibili le linee tematiche della scrittura strumentale affidate a voci singole. Thomas Zehetmair, che tecnicamente è direttore affidabilissimo, è riuscito a evitare questo rischio, guidando i diciassette archi della Stuttgarter Kammerorchester in un’ esecuzione impeccabile dal punto di vista stilistico, ricca di slancio e passionalità ma perfettamente equilibrata nell’ evidenziazione delle strutture, iniziata con una severa e lucida lettura dei complessi intrecci contrappuntistici nel movimento iniziale, proseguita con un’ eccellente resa dello stupendo Adagio e culminata in una espressiva esecuzione dell’ Allegro conclusivo, ricca di slancio e intensità, che ha strappato intensi e lunghi applausi al pubblico. Seguendo la traccia del programma come era stato originalmente concepito, tra i movimenti del Quintetto sono stati eseguiti brani per organo di J. S. Bach e Jan Pieterszoon Sweelinck, suonati in maniera stiulisticamente impeccabile da Christian Weiherer, che dal 2016 ricopre l’ incarico di Domkapellmeister della Konkathedrale Sankt Eberhard. Dopo questa bella serata che ha segnato la ripresa di contatto con il pubblico, la Stuttgarter Kammerorchester continuerà a sviluppare progetti discografici e tournées internazionali che, insieme alla costante affluenza di pubblico per i concerti in abbonamento a Stuttgart, confermano finora il successo di una formula progettuale tra le più interessanti del panorama musicale tedesco.
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