SWR Symphonieorchester 2017/18 – Abo-Konzert 7

Foto ©swrclassic.de

Per il settimo concerto del ciclo in abbonamento alla Liederhalle, la SWR Symphonieorchester ha proposto un bel programma di musiche moderne e contemporanee affidato alla bacchetta di Thomas Søndergård, quarantottenne direttore danese che qui negli anni passati avevamo ascoltato diverse volte alla Staatsoper Stuttgart, dove si era fatto apprezzare come inteprete operistico dotato di grande professionalità e competenza nel repertorio italiano. Søndergård. che da studente ha iniziato la carriera come timpanista nella European Union Youth Orchestra e attualmente è Principal Conductor della BBC National Orchestra ok Wales, dal prossimo settembre assumerà la direzione musicale della Royal Scottish National Orchestra con cui collabora già da diversi anni come direttore ospite. Nel corso della sua carriera, Søndergård ha dedicato una particolare attenzione alla musica contemporanea dirigendo anche diverse prime esecuzioni assolute di brani scritti da compositori suoi compatrioti come Poul Ruders, Bent Lorentzen, Per Nørgård. La grande affinità del direttore danese con questo tipo di repertorio è apparsa evidente a partire dal brano di apertura del programma, che era la prima composizione orchestrale ideata da Thomas Adès, quarantasettenne musicista inglese la cui opera The Tempest ha raggiunto un considerevole numero di repliche soprattutto in Germania e in Inghilterra ed è stata eseguita anche al Metropolitan di New York sotto la direzione dell’ autore in una produzione documentata da un DVD pubblicato dalla Deutsche Grammophon. Tra i principali sostenitori della musica di Thomas Adès vi sono personalità importanti come soprattutto Sir Simon Rattle, che diresse molte sue composizioni quando era direttore stabile a Birmingham e scelse Asyla come brano di apertura del suo concerto inaugurale da Chefdirigent dei Berliner Philharmoniker. … but all shall be well, partitura composta nel 1993, è un lavoro per grande orchestra con una considerevole presenza delle percussioni, il cui titolo cita un verso della poesia Little Gidding di T. S. Eliot. Un insistito uso dei glissandi, un’ estrema rarefazione timbrica finalizzata a creare un’ atmosfera quasi da assenza di coordinate spazio-temporali e una notevole poliedricità di stile sono le caratteristiche principali della scrittura musicale di Adès, già evidentissime in questo lavoro giovanile che la SWR Symphonieorchester ha eseguito mettendo in mostra tutta la sua esperienza nel repertorio contemporaneo. La parte del programma dedicata alla musica inglese proseguiva poi con il Concerto in re minore op. 15 per violino e orchestra di Benjamin Britten, partitura scritta nell’estate del 1939, durante la permanenza del compositore in Canada, dove Britten si era rifugiato per fuggire dalla guerra imminente. Il Concerto venne eseguito per la prima volta nel marzo del 1940 a New York dal violinista spagnolo Antonio Brosa, che Britten aveva conosciuto a Barcellona e che collaborò con lui a livello tecnico nella stesura della parte solistica, con la New York Philharmonic Orchestra diretta da John Barbirolli. Antonio Brosa, la cui carriera internazionale si sviluppò proprio a partire da quella prima esecuzione, tenne sempre il Concerto di Britten in repertorio e la sua interpretazione è documentata da un CD tratto da un concerto eseguito in Inghilterra negli anni Cinquanta.

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Come solista abbiamo riascoltato Julia Fischer, la trentaquattrenne violinista monacense che il pubblico di Stuttgart ha applaudito diverse volte in questi ultimi anni e che, insieme ad Arabella Steinbacher, è probabilmente la virtuosa tedesca più interessante della giovane generazione. Julia Fischer ha studiato a München con Ana Chumachenco, virtuosa italo-argentina di origini ucraine il cui padre era stato allievo del celeberrimo Leopold Auer e che è stata una delle più reputate insegnanti tedesche, dalla cui scuola sono uscite anche altre giovani violiniste di grande talento come Arabella Steinbacher, Lisa Batiashvili e Veronika Eberle. La Fischer, che è anche un’ apprezzata pianista, ha assunto da sette anni la successione della sua insegnante come Professorin alla Hochschule für Musik und Theater München. Ho ascoltato diverse volte la giovane violinista bavarese qui a Stuttgart negli anni passati e devo dire che la sua maturazione artistica è stata finora costante e notevole. Il suono si è irrobustito e ha guadagnato dal punto di vista del volume, restando comunque timbratissimo e penetrante; la tecnica è sicuramente quella di una virtuosa di alto livello per quanto riguarda la condotta dell’ arco e la nitida chiarezza con cui vengono risolti i passaggi di agilità.  La Fischer ha affrontato il Concerto di Britten, la cui parte solistica è tra le più difficili di tutto il repertorio violinistico novecentesco tanto che Jascha Heifetz si rifiutò di suonarla dichiarandola ineseguibile, con grande personalità interpretativa traendo dal suo strumento, un Guadagnini del 1742, sonorità calde e colori di grande fascino timbrico. Particolarmente apprezzabile è stata la fervida e nobilissima cantabilità del fraseggio con cui Julia Fischer ha dato il massimo rilievo alla tristezza melanconica delle linee melodiche, sostenuta in maniera eccellente dalle bellissime sfumature dinamiche con cui Thomas Søndergård ha realizzato la parte orchestrale. Una prova eccellente di una violinista che in questa interpretazione ha dimostrato di essere ormai arrivata alla piena maturità artistica. Il pubblico della Liederhalle ha applaudito a lungo Julia Fischer, che ha ripagato gli spettatori con una splendida esecuzione del Capriccio N° 2 di Paganini.

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Con la Sesta Sinfonia op. 111 di Prokofiev, eseguita nella seconda parte del concerto, Thomas Søndergård ha messo in mostra tutte le sue notevoli qualità di interprete del repertorio novecentesco. La Sinfonia N° 6, composta da Prokofiev in un periodo di gravi difficoltà personali dovute in gran parte alle conseguenze di una commozione cerebrale procurata da una brutta caduta, è una partitura caratterizzata da un’ atmosfera cupa e da bruschi contrasti fra i materiali tematici che a un primo ascolto possono dare, sicuramente a torto, l’ impressione di un lavoro privo di una sua logica interiore, nato solo dalla giustapposizione di idee differenti. Nel corso dei tre movimenti si susseguono allusioni drammatiche e angosciose, che dal punto di vista musicale si traducono nella tensione pesante e allucinata di tanti scorci timbrici, in spettrali scheletri di movimenti di marcia, in incalzanti e taglienti ostinati ritmici, in laceranti contrasti introdotti da una regia musicale di sofferta intensità. Sul podio, Søndergård ha ottenuto una raffinata sottolineatura delle strutture ritmiche e sfumature orchestrali di grande raffinatezza realizzate da una SWR Symphonieorchester che qui ha esibito tutte le sue migliori qualità sia nella compattezza del suono che per quanto riguarda gli assoli suonati davvero magnificamente soprattutto da Sebastian Manz, primo clarinetto e uno tra gli strumentisti tedeschi più dotati della giovane generazione, e dalla giovanissima Hélène Boulègue, strumentista francese appena entrata nel complesso come primo flauto. Grande successo finale per un concerto davvero di ottimo livello complessivo.


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