Stuttgarter Philharmoniker – Anna Tifu e Marc Piollet

Foto ©Stuttgarter Philharmoniker/FB

Per qualche motivo difficile da spiegare, da alcuni anni i Concerti di Paganini sono sempre meno presenti nei programmi delle stagioni sinfoniche. È  una tendenza abbastanza strana, visto che per tutti i grandi violinisti storici almeno i primi due di essi costituivano una sorta di appuntamento obbligato da affrontare nel corso della carriera. Oggi, dopo che gli ultimi grandi specialisti paganiniani come Ruggiero Ricci, Ivry Glitis e dopo di loro Salvatore Accardo hanno concluso la loro carriera, è diventata sempre più rara la possibilità di ascoltare in concerto questi lavori che rappresentano un punto decisivo nella storia della letteratura violinistica. Per questo non ho voluto perdermi il secondo concerto del ciclo Sextett degli Stuttgarter Philharmoniker, nel quale era in programma il Concerto N° 2 in si minore “La Campanella”, forse il più celebre tra i sei Concerti per violino e orchestra composti da Niccolò Paganini. Solista era Anna Tifu, trentunenne violinista nata a Cagliari da padre romeno e madre italiana, che ha studiato per dieci anni con Salvatore Accardo e si sta imponendo come la migliore virtuosa italiana della giovane generazione. I Concerti di Paganini, si sa, sono scritti dando il massimo rilievo alla parte solistica, quasi in forma evocativa di una grande scena teatrale cantata da una primadonna che mette in mostra tutto il meglio del suo bagaglio tecnico ed espressivo. Anna Tifu ha risposto in maniera perfettamente adeguata a queste esigenze evidenziando nella sua esecuzione, oltre a una preparazione tecnica davvero inappuntabile, anche quell’ ebbrezza virtuosistica assolutamente necessaria per dare il giusto rilievo ai passaggi in cui la scrittura di Paganini impegna il violino al massimo delle sue possibilità. La giovane e graziosa ragazza italo-rumena, che suona lo Stradivari Marèchal Berthier ex-Napoleon del 1716, ha dimostrato senza dubbio di possedere quelle doti di carisma e comunicativa che un interprete di questa musica deve obbligatoriamente mettere in evidenza, in aggiunta alle capacità strumentali. La disinvoltura con cui la Tifu ha sgranato tutti i lunghi passaggi acrobatici, soprattutto nel celebre Rondò “La Campanella” eseguito con grandissima eleganza, è sicuramente quella di una virtuosa fuori dal comune. Direi che la giovane violinista cagliaritana potrebbe riprendere in modo assolutamente degno la tradizione dei grandi interpreti paganiniani di scuola italiana, che dopo Accardo sembrava non avere più eredi. Rispondendo ai lunghi applausi che il pubblico della Liederhalle ha tributato alla sua esecuzione, Anna Tifu ha eseguito come fuori programma un brano dalla Suite Impressions d’ enfance op. 28 di George Enescu, un lavoro che il virtuoso e compsitore rumeno scrisse nel 1940 ed eseguì per la prima volta due anni dopo insieme al suo leggendario compatriota Dinu Lipatti e che la giovane violinista ha incluso nel suo primo album, recentemente pubblicato dalla Warner Classics.

Foto ©www.annatifu.com

Ad accompagnare in modo assolutamente egregio la Tifu era Marc Piollet, cinquantacinquenne direttore d’ orchestra parigino di nascita ma formatosi in Germania e che qui da noi si è costruito una solida reputazione in particolare nei suoi otto anni di attività come Generalmusikdirektor dell’ Hessischen Staatstheater Wiesbaden. Piollet è stato spesso ospite dellle istituzioni musicali di Stuttgart sia come direttore sinfonico che alla Staatsoper dove è stato sul podio per diverse produzioni di successo, tra cui lo splendido allestimento di Jenufa firmato da Calixto Bieito che è stato uno tra gli spettacoli più apprezzati dal pubblico nelle ultime stagioni. Nella seconda parte del concerto il maestro francese ha guidato gli Stuttgarter Philharmoniker nella Seconda Sinfonia di Rachmaninov, partitura che io da sempre trovo abbastanza indigesta. Parlando sinceramente, ho ascoltato le tre Sinfonie del compositore russo diverse volte in concerto, anche da grandi specialisti come Jansons, Temirkanov e Gergiev, ma non sono mai riuscito a farmele piacere. Le ho sempre trovate inutilmente retoriche nel tono, troppo spesso enfatico e caratterizzato da effetti gratuiti e impennate melodico-sentimentali per me di dubbio gusto. Ad ogni modo, da questi ingredienti sovraccarichi di sapori e spezie Marc Piollet è riuscito a ricavare, continuando il discorso in termini culinari, un piatto che alla fine si è rivelato abbastanza digeribile. Il tono serrato e severo con cui il direttore parigino ha condotto i primi due movimenti, la resa sobria e antiretorica dell’ Adagio e il giusto grado di virtuosismo orchestrale nell’ Allegro vivace conclusivo erano le caratteristiche di un’ esecuzione ricca di buon gusto e in complesso convincente. Gli Stuttgarter Philharmoniker hanno reso molto bene le intenzioni della bacchetta tramite un suono compatto e abbastanza pregevole in termini di omogeneità e rotondità di timbro. Successo assai vivo.


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