Il repertorio liederistico è presente in maniera regolare nelle stagioni di tutti i teatri d’ opera tedeschi. Anche la Staatsoper Stuttgart organizza ogni anno un ciclo di concerti liederistici, perlopiù affidati a cantanti membri dell’ ensemble ma anche ad artisti ospiti di prestigio. Il concerto inaugurale della stagione di quest’ anno, come sempre impaginata in collaborazione con la Internationale Hugo-Wolf-Akademie, era dedicato all’ esecuzione integrale dell’ Italienisches Liederbuch, uno tra i vertici assoluti nella produzione del geniale e sfortunato compositore austro-sloveno. Per questa raccolta, comprendente quarantasei Lieder divisi in due libri pubblicati rispettivamente nel 1891 e nel 1896, Hugo Wolf utilizzò ballate popolari italiane provenienti in massima parte dalla Toscana e in particolare dalla Maremma, tradotte in tedesco e pubblicate da Paul Heyse, scrittore berlinese dalla produzione assai cospicua che spesso utilizzò fonti e atmosfere italiane nei suoi lavori e che nel 1901 fu il primo autore tedesco ad essere insignito del Premio Nobel per la Letteratura. Il ciclo appartiene indiscutibilmente ai massimi esiti artistici mai raggiunti da un autore la cui produzione costituisce un caso assolutamente unico per la sua bruciante verità espressiva, derivata da una scrupolosa meditazione di tutte le atmosfere drammatiche dei testi e da una sbalorditiva, avvincente simbiosi tra parola e musica. Ovviamente, alcuni Lieder di Wolf si assimilano con la stessa facilità di quelli di Schubert, Schumann e Brahms. Ma ce ne sono alcuni difficili, che non rivelano il proprio segreto al primo ascolto. Appaiono severi, privi di melodia, troppo declamatori. Tra essi ce ne sono diversi che vanno ascoltati molte volte prima che diventino chiari gli squisiti passaggi, la raffinatezza delle soluzioni di scrittura sia vocale che pianistica e il sottile contenuto espressivo. I Lieder del compositore austro-sloveno sono spesso autentici bozzetti teatrali e i caratteri tratteggiati dalla flessibilità della declamazione vocale richiedono interpreti dotati di grandi capacità analitiche nel fraseggio e attenzione nella sottolineatura dei particolari. L’ Italienisches Liederbuch costituisce una straordinaria raccolta di brevissimi ritratti in cui vengono tratteggiate situazioni amorose in un ventaglio espressivo assai ampio, dalla passione ai toni conflittuali anche aspri. In questa esecuzione, l’ ordine originale dei vari brani veniva modificato per raggruppare i Lieder in una sorta di successione dialogica tra voce e maschile e femminile. quasi a voler schizzare una serie di scene teatrali.
Come accennavo in precedenza, per interpretare i Lieder di Hugo Wolf non conta solo la bellezza della voce ma la duttilità del cantante, la sua abilità nell’ inflettersi anche a toni parlati, la sua forza di penetrazione psicologica nel portare allo scoperto ombreggiature minime, variazioni impercettibili nel ritmo o nell’ armonia, particolari che non vanno appiattiti ma nemmeno enfatizzati. Anche la parte pianistica è assai difficile da realizzare in maniera adeguata: nei Lieder di Wolf non è pensabile una scissione fra canto e accompagnamento strumentale, perchè l’ uno e l’altro sono strettamente compenetrati sia armonicamente che come senso melodico. L’ affiatamento fra gli interpreti è quindi fondamentale. Sembrerebbe un’ osservazione scontata, ma in questo caso rispecchia un’ esigenza esecutiva imprescindibile. Senza quest’ assoluta sintonia di intenti, il Lied wolfiano rischia in genere di perdere la sua coerenza e di apparire come un puro e semplice coacervo di dissonanze.
L’ esecuzione che abbiamo ascoltato nel foyer della Staatsoper rispondeva pienamente a tutte le esigenze che ho cercato di esporre finora, per la prova davvero maiuscola di tutti gli esecutori. Avevo già avuto modo di scrivere molto positivamente a proposito di Anna Lucia Richter, ventisettenne soprano nativa di Köln, per alcune sue splendide esecuzioni di repertorio settecentesco nelle stagioni della Bachakademie. In questa occasione la Richter ha dato una splendida dimostrazione di forza evocativa nel fraseggio, per l’ intensità espressiva e la capacità di tratteggiare fulmineamente aspetti e situazioni in uno straordinario alternarsi di umorismo e sensualità, culminato nella fantastica esecuzione di Ich hab in Penna einen Liebsten wohnen, il brano conclusivo del ciclo. Una prestazione splendida per maturità e personalità interpretativa, soprattutto pensando alla giovanissima età di quest’ artista che in questa occasione ha confermato di essere una tra la cantanti più promettenti della sua generazione, davvero da seguire con la massima attenzione in futuro.
Anche Georg Nigl è un cantante che qui a Stuttgart ha lasciato impressioni profonde con le sue stupende interpretazioni alla Staatsoper di personaggi come Jakob Lenz e dei sei antagonisti di Aschenbach in Death in Venice di Britten, oltre che per alcune ragguardevoli Liederabende. Il quarantacinquenne baritono viennese è un cantante di grande intelligenza e interprete originalissimo nella personalità, in grado di utilizzare la voce per ottenere una gamma coloristica ampia e variegata, dalle mezzevoci e frasi sommesse fino alle esplosioni di violenza quasi selvaggia quasi sfiorante il tono espressionistico in certe pagine aspramente sarcastiche. Si tratta probabilmente di uno dei pochi liederisti odierni che valga la pena di ascoltare e perfettamente in grado di rendere la mobilità nevrotica della scrittura vocale di Hugo Wolf come pochi altri artisti della nostra epoca. Con due cantanti di questo livello, magnificamente sostenuti dal pianismo elegante e raffinato di Gérard Wyss, la serata si È svolta in un clima avvincente che ha coinvolto al massimo l’ attenzione del pubblico. Un successo assolutamente trionfale ha premiato gli interpreti di un concerto che sicuramente va collocato tra le più belle serate liederistiche tra quelle a cui abbiamo assistito qui a Stuttgart negli ultimi anni.
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