Riflessioni sul concerto areniano. La televisione e la cultura – uno scritto di Fedele D’ Amico

Ieri sera è andato in onda su RAI Uno il ridicolo show organizzato dall’ Arena di Verona, come ogni anno, per pubblicizzare la stagione lirica estiva. Continua a leggere “Riflessioni sul concerto areniano. La televisione e la cultura – uno scritto di Fedele D’ Amico”

Buon Natale con Anneliese Rothenberger

Per fare gli auguri di Buon Natale ai frequentatori di questo sito, anzichè i consueti inni ho preferito scegliere qualcosa di più allegro. Continua a leggere “Buon Natale con Anneliese Rothenberger”

Lohengrin alla Scala

Preceduta dal consueto caravanserraglio mediatico, quest’ anno ulteriormente amplificato dal bailamme seguito al concerto di Cecilia Bartoli, Continua a leggere “Lohengrin alla Scala”

Benedetti Michelangeli interpreta Brahms

Il celebre concerto tenuto da Michelangeli alla Radio della Svizzera Italiana, Continua a leggere “Benedetti Michelangeli interpreta Brahms”

Don Giovanni – RAI 1960

Oggi vi propongo una splendida edizione del capolavoro di Mozart, realizzata alla RAI di Milano nel 1960, Continua a leggere “Don Giovanni – RAI 1960”

Anna Bolena alla Wiener Staatsoper, o della modernità interpretativa

Avrei potuto scrivere le mie impressioni sulla mediaticamente pubblicizzatissima produzione viennese di Anna Bolena subito dopo Continua a leggere “Anna Bolena alla Wiener Staatsoper, o della modernità interpretativa”

Auguri!

Il mio messaggio augurale di Capodanno.

Auguro che nel 2011 i sovrintendenti e i direttori artistici ignoranti e incompetenti vengano spediti a casa; che vengano firmati molti contratti lavorativi; che la cloaca della critica patinata e “acritica” che ingoia e fa ingoiare tutto non venda più; mi auguro il crepuscolo delle pseudoregie per onanisti; mi auguro cantanti che non torturino le orecchie ; un pubblico finalmente reattivo; la fine dell’ignoranza e delle riscritture storiche; il piacere di ascoltare cose belle…

Auguri a tutti!

E riascoltiamoci la Marcia di Radetzky, alla faccia di Sandro Cappelletto e di quelli che la pensano come lui!

 

http://www.youtube.com/watch?v=FHFf7NIwOHQ&feature=player_embedded

 

Il valzer politicamente corretto

Bellissima, l´intelligente risposta di Galatea, una delle migliori blogger italiane, a un coacervo di insensatezze scritto da Sandro Cappelletto su La Stampa.

Vi prego, il valzer politicamente corretto no!

Non ci volevo credere, perché a me La Stampa piace, perché di solito è un giornale pacato e dignitoso, il che, di questi tempi, avercene. Quindi, quando stamattina sono capitata su questo articolo di Sandro Cappelletto, me lo sono riletto due volte: pensavo ad uno scherzo. Invece, dopo attenta disamina, pare di no, è proprio serio. Il buon Cappelletto, di ritorno dalla pausa natalizia – e si sa quanto cenoni e pranzi con i parenti provino e la digestione difficoltosa tolga lucidità – se ne è uscito con una sdegnata invettiva contro – tenetevi forte – la marcia di Radetzky suonata a Capodanno.
Eh ma come dargli torno? Se uno ci pensa, è una vergogna, signora mia, un vero schifo. Questa gente che è pronta a scendere in piazza per ogni bazzecola, come la riforma di scuola ed università, o a protestare per i tagli alla cultura, dove è mai quando si tratta di combattere le vere cose che minano l’identità nazionale? Per fortuna che il nostro Cappelletto, pur se nei fumi della digestione postprandiale, non dorme! Lui la marcia di Radetzky la vuole boicottare, almeno quest’anno:

Almeno il prossimo 1 gennaio facciamone a meno. Perché mai noi italiani dovremmo iniziare il nuovo anno ascoltando orchestre e direttori suonare la Marcia di Radetzky mentre battiamo allegri le mani? Perché cominciare il 2011, e le celebrazioni per i 150 anni della nostra identità nazionale, rendendo omaggio a Josef Radetzky, il feldmaresciallo austriaco che nella battaglia di Curtatone massacrò centinaia di studenti toscani venuti a combattere per l’indipendenza? Che a Custoza umiliò il re Carlo Alberto, poi assediò e vinse per fame e colera la Repubblica veneziana del 1849 e, nominato Governatore generale del Lombardo Veneto, fece eseguire mille condanne a morte di patrioti e diede l’ordine di bastonare in pubblico e di saccheggiare le case e i palazzi di chi era sospettato di aver simpatizzato con i primi moti del Risorgimento? Come se i francesi celebrassero Bismarck, o i polacchi Stalin.

No, dico, ha ragione, povero tesoro. Sarebbe come portare al cinema i bambini a vedere quel simpaticone di Shreck, mentre si sa che gli orchi sono cattivi! Quel Johan Strauss là che l’ha scritta, poi, bel tomo anche quello, insinua il prode Cappelletto: non solo ha composto ‘sta roba per celebrare un generale austriaco che ci ha massacrato, ma la sua è una marcetta militare orecchiabile, e per scriverla s’è fatto pure pagare, mentre è noto che i nostri grandi musicisti italiani come Verdi e Rossini componevano opere e musichette pro bono, per il puro gusto di allietar le folle! Quindi, per salvare l’italica cultura, non c’è che una strada, secondo la visione culturale di Cappelletto: via il truce Radezky e suoniamo invece le musiche di Nino Rota, mentre il generale austriaco è meglio che se ne stia “consegnato in caserma, a meditare sui suoi misfatti”. Cosa che, essendo abbastanza morto, potrebbe risultargli un po’ difficoltoso, ma tant’è.
Ora, onestamente, a voler rispondere ad un articolo come questo non si sa neppure da che parte cominciare, dato che i ragionamenti sottesi a questa roba sono talmente sballati che non si sa nemmeno come non mettersi a piangere.
Intanto al buon Cappelletto deve essere sfuggito un piccolo particolare non secondario: e cioè che la marcetta tanto da lui odiata viene suonata in genere alla fine di un concerto che viene trasmesso in diretta da Vienna, e che, anche se ormai è un appuntamento tradizionale per i paesi di tutto il mondo, è appunto un evento austriaco. Che gli Austriaci a fine di un concerto a casa loro decidano di suonare una marcetta celebrativa di un loro grande generale mi pare più che lecito; sarebbe come andare a contestare agli Inglesi di suonare Good Save the Queen sulla base del fatto che in fondo, quando erano un impero coloniale, di porcate contro i popoli sottomessi con la forza ne han fatte alquante, e la regina Vittoria, per non parlare dell’Elisabetta I, non erano mica ‘sti gran stinchi di sante.

Ma quello che fa veramente cadere le braccia non è tanto l’idea di boicottare la marcetta, ma la visione culturale che c’è dietro: una sorta di impeto talebano per cui si dovrebbero mettere in scena e proporre al pubblico solo opere d’arte “politicamente corrette” ed in linea con i valori dominanti. Un mondo, insomma, in cui l’opera d’arte non viene valutata in sé, ma sulla base di quanto è considerata “morale” la vita di chi l’ha scritta, o di quanto è considerato “buono” il personaggio che l’ha ispirata o commissionata. Un delirio da fondamentalisti.

Mi scusi, Cappelletto, ma con Beethoven come la mettiamo, per esempio? No, perché pare che, oltre ad avere un carattere orribile, andasse anche spesso a puttane. Sarà il caso di applaudire la Nona e di farne l’inno di Europa, visti questi trascorsi? E Wagner? Quello sporco antisemita crucco…lo vogliamo togliere dalla Scala, ché quest’anno gli han addirittura fatto aprire la stagione, quando ci sarebbero state tante belle opere italiche più adatte, tipo un bel Barbiere, che poi è anche allegro e non tocca star lì a menarsela con una roba che dura tre ore in tedesco? Oddio, no, se poi ci si pensa, anche Rossini…che razza di esempio diamo a questi nostri giovani? Uno che componeva opere per il miglior offerente, attento al soldo e così poco patriottico da essersi poi trasferito a Parigi per strafogarsi in santa pace…no, no, non è il caso nemmeno lui.

Che se poi la vogliamo allargare all’arte, questa idea qua, stiamo messi bene. Sarà mica il caso di buttare fuori dai musei Sironi, e i Futuristi tutti, che per il Duce e il Fascismo avevano una certa qual simpatia? O togliere dagli scaffali delle biblioteche quel certo Celine, che è un grande scrittore, ma un tantinello nazista lo fu, e non se ne pentì nemmeno mai? E Borges, Borges ce lo lasciamo? E gli artisti comunisti? Anche loro via in botto, visto che Stalin non era, come si dice in Veneto, farina da far ostie?

No, perché a voler guardare il capello, di opere proponibili con questi criteri ne restano poche e i risvolti possono essere imprevedibili. Mi ricordo una mia amica, per esempio, che al suo matrimonio ebbe problemi con il parroco, perché costui non volle assolutamente cantata in chiesa l’Ave Maria di Schubert, avendo letto che Schubert la compose non pensando alla Madonna ma ad una sua amante, che di mestiere faceva la prostituta. Cioè, l’Ave Maria vietata durante una messa, non so se mi spiego.

Ma ascoltiamoci ‘sta povera marcetta di Radezky, via! Che magari può far meditare qualcuno sul fatto che chi è un eroe da una parte, dall’altra è considerato un macellaio, con qualche buon motivo. O che anche i più biechi macellai possono ispirare opere d’arte, perché dal letame nascono i fior.

Ma non so se si può fare, questa citazione qua. De Andrè, in fondo, spesso si ispirava a delle prostitute.

Qui il post originale

Carlos Kleiber dirige La Bohéme

E come seconda strenna, l´altrettanto leggendaria recita del capolavoro pucciniano diretta da Carlos Kleiber Continua a leggere “Carlos Kleiber dirige La Bohéme”

Rigoletto a Mantova: qualche considerazione a margine

Sul Rigoletto mantovano se ne sono scritte abbastanza, ma forse non ancora troppe. È stato tutto il contrario di ciò che gli stessi autori-organizzatori avevano sbandierato: i luoghi non erano originari (chè il libretto cita solo e genericamente Mantova); le riprese erano in diretta (?) ma con tecnologie da differita e/o playback; la regìa quasi sempre su primi piani ravvicinatissimi, proprio da riprese-in-studio; i cantanti che di cantante hanno ormai solo il nome e il ricordo, o fama usurpata. Insomma, si è messo insieme il peggio di tutti i possibili difetti: impresa davvero ardua! Il povero presidente Napolitano – credo e spero – non poteva conoscerne prima il contenuto, e così si è prestato a far l’ imbonitore di un prodotto che invece di promuovere nel mondo la nostra civiltà musicale, ci ha esposto all’ ennesimo coro di lazzi e sberleffi.
Nonostante tutto ciò, alcuni cantanti anche di gran fama hanno tentato di imbastire sui social networks una improbabile difesa d’ ufficio in nome del rispetto per la grandezza di Domingo, e i loro fans hanno colto la palla al balzo per scaricare una nutrita serie di offese personali addosso a chi faceva semplicemente notare magagne e difetti evidentissimi anche per i non addetti ai lavori.
A costoro si può replicare che il rispetto per il grande artista è cosa buona e giusta, ma che l’ artista non ha solo diritti, ma anche dei doveri nei confronti del pubblico, soprattutto quelli di giustificare il sacrosanto compenso alle sue prestazioni facendosi trovare preparato al meglio e non tentando di spacciare per autentici dei prodotti contraffatti. Artisti realmente grandi come, per esempio, Franco Corelli hanno giustamente scelto di ritirarsi ancora nel pieno possesso dei loro mezzi, in modo da farsi rimpiangere e non compiangere.
Qualcun altro ha tentato di giustificare l’ operazione pur ammettendone lo scadente risultato artistico, in nome della necessità di portare la lirica a chi non la conosce e di attirare nuovo pubblico.
Una prima risposta potrebbe essere che anche sotto questo punto di vista l’ operazione è stata gestita molto male, senza un’ adeguata preparazione: per fare solo un esempio, uno special introduttivo di approfondimento sarebbe stato assolutamente necessario.
Altri hanno parlato di difetti imputabili al carattere sperimentale dell’ evento.
Innanzi tutto non si trattava di un esperimento, perchè la prima iniziativa del genere, come ben saprete, fu la Tosca, nel 1992, seguita poi dalla Traviata, otto anni dopo.
Chi avesse ascoltato l’ opera per la prima volta con questo Rigoletto, secondo me ben difficilmente entrerà mai in un vero teatro.
L’ opera ha delle convenzioni e un codice che vanno conosciuti, allo stesso modo in cui, per assistere a una partita di calcio, é necessario conoscere le regole del gioco.
Il tentativo di spacciare come iniziativa culturale queste mascherate che servono solo a riempire le tasche di chi vi prende parte è stata la cosa probabilmente più penosa dell’ iniziativa.
L’ unico modo di avvicinare la gente all´opera è quello di trasmettere veri spettacoli da veri teatri, come infatti avviene in tutti i paesi piú civilizzati dell’ Italia.
Non si aiuta la divulgazione dell’ opera provando a trasformarla in un film o in un concerto rock, e lo dico col massimo rispetto per due generi che hanno una loro dignità artistica autonoma.
L’ opera va fatta in un certo modo, allo stesso modo in cui una partita di calcio è tale solo se giocata da due squadre di 11 giocatori ciascuna, in un campo con due porte.
Altrimenti, cosa siamo ancora disposti ad accettare e cosa inventiamo in nome della divulgazione? Shakira che canta Violetta? Bon Jovi interprete del Don Giovanni?
Tranquilli: visto che stavolta abbiamo sentito un tenore canzonettaro, prima o poi ci arriveremo…

Ma poi, una delle manie odierne che io trovo assolutamente perniciosa é quella di voler “democratizzare” l’ arte a tutti i costi. Per i sostenitori di questa filosofia, una forma di espressione artistica come l’ opera troverebbe il suo limite nell’ essere eccessivamente elitaria,e necessiterebbe pertanto di iniziative atte a portarla a livello delle masse che non la capiscono. Non sto qui a ricordare come il melodramma sia sempre stato, in particolare dall’ Ottocento in poi, l’ autentica musica del popolo, forse l’ unica espressione della musica d’ arte ad avere queste caratteristiche, come del resto scrisse a suo tempo Antonio Gramsci. Ma tant’ é, e nella mente di coloro che hanno l’ intenzione di popolarizzare e divulgare nascono operazioni come questa, che prosegue in quel filone aperto negli anni novanta dai concerti dei Tre Tenori e che, come detto in precedenza, intende portare il teatro lirico a livello dei concerti rock, con tutto il rispetto che io ho per una forma musicale che ha una sua intrinseca validitá.
Il sincretismo e la contaminazione dei generi non sono il giusto mezzo per avvicinare un nuovo pubblico alle rappresentazioni operistiche. Qualsiasi espressione artistica ha i suoi codici, che vanno rispettati e compresi. È inutile che i fautori di queste operazioni affermino che l’ opera é una forma d’ arte datata e che bisogna modernizzarla. Se io applico un clacson e un paio di catarifrangenti a un cavallo, non per questo avrò un’ automobile. Allo stesso modo, vedere alcune persone vestite con improbabili costumi antichi, oltretutto in mezzo a una serie di svarioni storici come quello della musica di scena durante la festa del primo atto eseguita da violinisti muniti di leggii (!!!) e che recitano eternamente in primissimo piano senza possedere la tecnica di mimica facciale degli attori cinematografici,  fa pensare irresistibilmente a “A Night at the Opera” dei fratelli Marx. Solo che la loro era dichiaratamente una parodia.
Come dice Canio nei Pagliacci, “il teatro e la vita non son la stessa cosa”. Operazioni del genere non hanno nulla di culturale. Cultura non vuol dire questo: significa scuole per tutti, libri per tutti, teatri per tutti.
E qui mi fermo, perchè voi ormai sapete tutto e io ne ho abbastanza.
Come residente in Germania, voglio però sottolineare un’ ultimo aspetto della questione.
Tra le istituzioni che hanno preso parte alla produzione, figurava anche la ZDF. Ciò significa che questo minestrone scotto e rancido è stato finanziato, sia pure in minima parte, anche dalle mie tasse. Questa, se permettete, è la cosa che mi ha fatto maggiormente arrabbiare.
Comunque, ad maiora: attendiamo solo il nome del povero compositore la cui musica dovrà fornire da pretesto al prossimo di questi misfatti.
Rispetto per l’ artista, invocano alcuni. Ma il rispetto per l’ autore no, eh?