Carlos Kleiber dirige La Bohéme

E come seconda strenna, l´altrettanto leggendaria recita del capolavoro pucciniano diretta da Carlos Kleiber Continua a leggere “Carlos Kleiber dirige La Bohéme”

Magda Olivero compie 100 anni

Era doveroso ricordarsi del centesimo compleanno di Magda Olivero, una delle più grandi cantanti della storia del melodramma, e non solo di quello italiano. Continua a leggere “Magda Olivero compie 100 anni”

Turandot alla Staatsoper Stuttgart

In attesa della nuova produzione del Parsifal firmata da Calixto Bieito, la Staatsoper di Stoccarda propone in questo periodo una serie di riprese di titoli di repertorio, tra cui la Turandot nell’ allestimento ideato nel 1997 da Nicolas Brieger.

Questa ripresa aveva il suo motivo di interesse principale nella presenza del giovane direttore slovacco Juraj Valcuha, recentemente nominato direttore stabile dell’ Orchestra RAI di Torino, che debuttava in questa occasione sul podio della Staatsoper.

Il giovane maestro ha dimostrato di possedere notevoli qualità tecniche e una personalità interpretativa ragguardevole. La sua interpretazione dell´ultimo capolavoro pucciniano è stata vibrante e accesa nei colori, con un taglio esecutivo chiaramente volto a mettere in evidenza gli aspetti novecenteschi della scrittura. Tinte orchestrali sgargianti e spesso aspri,quasi stravinskiani, tempi in genere molto mossi e notevole grandiosità nel trattamento delle pagine corali. Valcuha ha sfruttato al meglio le notevoli qualità dell´orchestra e del coro, e si è rivelato preciso e sicuro nell´accompagnare e sostenere i cantanti. Una prova di notevole rilievo, che conferma tutto quello che si va dicendo di buono su questo giovane direttore, atteso nei prossimi mesi da una serie di impegni importanti, tra cui una nuova produzione de L’ Elisir d’ amore alla Staatsoper di Monaco, con Rolando Villazon protagonista.

La compagnia di canto comprendeva alcuni dei migliori elementi membri stabili dell’ ensemble della Staatsoper. Turandot era il soprano bavarese Barbara Schneider-Hofstetter, Hochdramatisch Sopran della nostra compagnia, apprezzata interprete di ruoli wagneriani come Senta, Elsa e Isolde. Si tratta di una cantante che possiede mezzi vocali notevoli per volume e squillo, perfettamente in gradi di dominare l’ aspra tessitura del ruolo di Turandot, affrontata con sicurezza e risolta in maniera egregia nel fraseggio.

Nella parte di Liù abbiamo ascoltato la giovane armena Karine Babajanyan, attualmente forse l’ elemento di maggior classe dell’ ensemble di Stuttgart, che in questi ultimi due anni ha riscosso grandi successi come Cio Cio San, Tosca e soprattutto Tatjana in Eugene Onegin, probabilmente una delle più belle interpretazioni ascoltate di recente in questo teatro. Al suo debutto nel ruolo di Liù, la Babajanyan ha confermato di essere un’ artista di grande classe vocale ed interpretativa, che può tranquillamente puntare ai grandi palcoscenici. Molto ben cantate le due arie, con accenti particolarmente ispirati nella grande scena del terzo atto.

Calaf era affidato al tenore coreano Ki-Chun Park, professionista di grande sicurezza ed affidabilità, in possesso di una voce forse non particolarmente attraente dal punto di vista timbrico, ma ben controllata, con un settore acuto notevole per squillo e penetrazione.

Molto buona anche la prova nel ruolo di Timur del basso cinese Liang Ling, un altro elemento di grandi capacità professionali e interprete duttile di ruoli assai diversi tra loro.

Buono anche il terzetto delle maschere, con una menzione particolare per il Ping del giovane baritono austriaco Miljenko Turk.

La messinscena di Nicolas Brieger, basata su scene molto schematiche ideate da Hermann Feuchter, è di taglio decisamente espressionistico, con un´atmosfera richiamante la schönberghiana Erwartung. Molto ben calibrati gli effetti di luce e assai efficace la condotta delle masse. Tenendo conto della tendenza trash di certo Regietheater in voga qui da noi, questa è una produzione che possiede una sua più che dignitosa cifra stilistica e si lascia ancora guardare con piacere.

Successo assai caloroso per tutti.

Claudio Giombi ricorda Herbert von Karajan

Il baritono triestino Claudio Giombi, di cui avevo giá pubblicato un ricordo della sua collaborazione con Carlos Kleiber, ci parla nel brano che segue del suo incontro con Herbert von Karajan.

Fui chiamato da Karajan, Continua a leggere “Claudio Giombi ricorda Herbert von Karajan”

Claudio Giombi ricorda Carlos Kleiber

Ancora una testimonianza riguardante Carlos Kleiber. Alla notizia della sua morte Claudio Giombi, grande caratterista triestino Continua a leggere “Claudio Giombi ricorda Carlos Kleiber”

Madama Butterfly vista dai giapponesi

La genialitá di Puccini nel caratterizzare musicalmente la vicenda di Cio Cio San è stata analizzata ampiamente e in modo accurato dagli studiosi che si sono occupati a fondo della produzione operistica del musicista toscano. Ma come viene vista in Giappone la figura di Madama Butterfly? Ho rivolto a questo proposito qualche domanda a Mayumi Kuroki, soprano giapponese da molti anni residente in Italia, che vinse nel 1996 il concorso “Toti Dal Monte” di Treviso e in questo modo debuttó al Comunale come Elisetta ne “Il Matrimonio segreto”. Da allora, Mayumi ha percorso una carriera fortunata, soprattutto nei teatri del suo paese. Ecco la trascrizione del nostro colloquio.

Madama Butterfly descrive una storia ambientata in Giappone,vista con gli occhi degli occidentali. Come viene visto dalla gente del tuo paese lo svolgimento e lo sviluppo della vicenda?

L’ abbandono di Cio Cio San viene visto come una tragedia, che stranamente porta a pensieri (soprattutto da parte degli anziani) del tipo “Attenzione agli stranieri!!! Non fatevi fregare” …

Ritieni che Puccini abbia descritto in maniera efficace il comportamento di Cio Cio San?

Sì senz’ altro, trovo che il maestro abbia reso la figura della protagonista molto orientale, dignitosa.

Puccini ha fatto uso, nella partitura dell’ opera, di temi autenticamente giapponesi. Come giudichi il trattamento che ne ha fatto nel corso della composizione?

Ci sono tante melodie riconoscibili (per esempio quando lei spiega a Pinkerton il significato degli oggetti nel primo atto), quindi trovo veramente geniale l’ uso di frammenti delle melodie tradizionali e popolari giapponesi.

Ritieni che l’ ambientazione giochi un ruolo decisivo nella caratterizzazione drammatica di quest’ opera?

Nagasaki é una città di mare, era anche la città dove venne diffuso per la prima volta il cattolicesimo nell’ epoca di Edo, ritengo che l’ ambientazione immaginata da Puccini sia giusta ed efficace.

Come deve comportarsi, a tuo giudizio, l’ interprete che affronta questa partitura?Quali sono state, secondo te, le cantanti che l’ hanno resa in modo piú efficace?

Penso che per reggere questa opera così faticosa da cantare (soprattutto il secondo atto) e cosí difficile da interpretare… devi rimanere fredda mentre canti, ma nello stesso tempo cercare di realizzare TUTTO quello che viene richiesto da Puccini per rendere il canto espressivo, senza sovraccaricare la voce…
Io citerei Yasuko Hayashi (come giapponese, la piu’ autorevole), Daniela Dessì, Raina Kabaivanska (anche se a volte un po’ esagera…), Fiorenza Cedolins per la sua performance di Macerata, poi anche Mietta Sighele.

Per quanto riguarda la messinscena,esiste secondo te il rischio di sovraccaricare troppo l’ ambiente esotico?

Purtroppo sì, e molto… tanti allestimenti sono alla cinese…ho visto una statua di Buddha (con la pancia!!) ma anche Kimoni strani (l’ obi era praticamente a forma di “zainetto”, diciamo cosí).
A parte quell’ allestimento di Treviso nel 1998 (se non sbaglio) in cui Cio Cio San conservava la divisa di Pinkerton nell’armadio di vetro (che da noi non esiste) ce ne sono stati altri che erano pieni di cose che non c’ entrano. Anche al Maggio Musicale vestirono lo zio Bonzo con un costume di colore improbabile (una specie di vestaglia viola con ricamato un drago…).
In questi casi a noi capita di fare due risate!!

Esiste,a tuo giudizio,un’ influenza delle tecniche di teatro orientali nello sviluppo drammatico della vicenda?

Nell’ allestimento della Scala, la regia di Keita Asari usa molto la figura dei KUROKO, che spostano loro la scenografia, oppure portano gli oggetti, quando c’ è il cambiamento di scena.
Indimenticabile l’ ultima scena di HARAKIRI, quando Cio Cio San si suicida, la tela bianca diventa rossa (sangue) perché dai quattro angoli della tela viene tirata via la tela bianca e appare quella rossa grazie all’ intervento dei Kuroko, dove la Cio Cio San era inginocchiata per uccidersi.
Il Kuroko  viene usato nel teatro di Kabuki, non é un personaggio, ma viene usato come i macchinisti in vista, in questo caso per partecipare all’ HARAKIRI.

La prima interprete giapponese della parte di Cio Cio San fu Tamaki Miura. Come giudichi le cantanti tue compatriote che hanno affrontato il ruolo?

Tamaki Miura era un soprano leggero, che al giorno di oggi non credo renderebbe pienamente le esigenze della partitura.
Ripeto, la più autorevole era Yasuko Hayashi. Poi Yoko Watanabe (che purtroppo é scomparsa da un po’ di tempo) e non dimentichiamo la Atsuko Azuma. Recentemente la parte è stata cantata da un soprano lirico, Hiromi Omura, é molto brava anche lei, anche se mi piacerebbe almeno ancora una volta sentire cantare una Cio Cio San con la voce piú consistente. Ma forse chiedo troppo…

Buon compleanno, maestro Puccini!

Puccini“La morte di Puccini mi ha recato un profondo dolore. Non avrei mai creduto di non dover piú rivedere questo cosí grande uomo. E sono rimasto orgoglioso di aver suscitato il suo interesse, e Le sono riconoscente che Ella lo abbia fatto sapere ai miei nemici, in un recente suo articolo”.

Cosí scriveva Arnold Schönberg ad Alfredo Casella nel gennaio 1925. Credo che queste parole siano uno dei migliori omaggi che si possano tributare al grande compositore lucchese, di cui oggi ricorre il centocinquantesimo anniversario della nascita. La figura di Giacomo Puccini, spesso maltrattata dalla critica a partire dal velenoso libello di Fausto Torrefranca del 1912, fu disinteressatamente apprezzata da musicisti del calibro di Stravinskij, Ravel, Webern e Varése, oltre al nobile giudizio di Schönberg che abbiamo citato in apertura. Una certa corrente critica italiana volle fare del musicista toscano il simbolo di una polemica diminutiva che aveva per bersaglio tutto il melodramma ottocentesco, della cui tradizione Puccini era l’ ultimo erede legittimo. Oggi, l’ attivitá critico-musicologica di studiosi come Fedele D’ Amico, Antonino Titone, Jürgen Maehder, William Ashbrook, Julian Budden, Anselm Gerhard, Andrew Porter e Michele Girardi ha inquadrato nelle giuste prospettive la produzione artistica di quello che va annoverato, senza ombra di dubbio, tra i compositori piú raffinati ed evoluti del periodo a cavallo tra Ottocento e Novecento. Partito da un’ ispirazione artistica rifacentesi ai drammi wagneriani (basterebbe ricordare a questo proposito la citazione letterale dell´Abendmahl-Motivi nel preludio de Le Villi e quella del Tristanakkord nel secondo atto di Manon Lescaut, oltre alla elaborazione tematica secondo la tecnica del Leitmotiv su cui quest’ ultima opera é basata) seppe in seguito fare tesoro delle piú moderne esperienze musicali europee, arrivando a proporsi come autentico innovatore. Lo splendore sinfonico e la superba tecnica compositiva di partiture come La Fanciulla del West e Turandot ne sono una testimonianza evidente. Ma ci sarebbe parecchio da dire anche sulle novitá che Puccini apportó nel campo della tecnica teatrale, con un trattamento del tempo degno dei grandi romanzieri, in un respiro epico che spesso sembra trasfigurare le vicende dei personaggi. Il musicista toscano si tenne sempre a debita distanza dal movimento verista, per portare avanti un altro concetto di teatro musicale, parallelemente alle novitá che in questo campo apportavano in quel periodo compositori come Richard Strauss, non a caso grande ammiratore dell’ arte pucciniana. Tutto questo fu immediatamente compreso dal pubblico, che alle opere di Puccini ha sempre decretato, fin dal loro apparire, un grande ed incondizionato successo, che si é mantenuto tale nel corso degli anni ed anche oggi non accenna a diminuire. In fondo, é proprio questo che certa critica non ha mai perdonato al compositore lucchese. Oggi per fortuna le cose sono cambiate e la musica pucciniana é stata fatta oggetto di studi critici estremamente validi, che hanno collocato il musicista nel posto che gli compete: quello di una delle piú grandi ed originali figure che la tradizione musicale italiana abbia mai prodotto, l’ ultimo erede del nostro melodramma e colui che ne concluse il ciclo meraviglioso, allo stesso modo in cui Gustav Mahler chiuse la parabola artistica della sinfonia viennese. La musica di Puccini occupa un posto insostituibile nella nostra cultura, e questo anniversario deve servire a ricordarcelo.

Sul Regietheater e sue conseguenze

L´amico Daland mi segnala una discussione in atto su questo forum tedesco

L´argomento di partenza é la rappresentazione di Turandot messa in scena lo scorso maggio a Valencia,con la direzione di Zubin Mehta e la regia di Chen Kaige,recentemente trasmessa in tv qui in Germania su ARTE.
Non una grande esecuzione per quanto riguarda la parte musicale,con un cast da non ricordare particolarmente e un Mehta assai spento rispetto all´indimenticabile registrazione DECCA del 1972,con un vero parterre de roi comprendente la Sutherland,la Caballé,Pavarotti,Ghiaurov,piú Tom Krause e Peter Pears nei ruoli minori.
La messinscena,al contrario,mi é sembrata bella e ben fatta,nel rispetto dell´ambientazione originale senza eccessi kolossal o esagerazioni alla Cecil B.De Mille.
La cosa interessante,leggendo gli interventi dei forumisti nel sito linkato,é che qualcuno definisce questa messinscena una Originalversion ed esprime perplessitá sul fatto che i contenuti drammaturgici dell´opera di Puccini possano essere pienamente evidenziati seguendo quella che in alcuni interventi viene definita  "versione originale".
Come punto di vista,é secondo me assai confuso.La messinscena originale,approvata anche da Puccini stesso prima di morire,esiste e sará anche pubblicata nell´ambito dell´Edizione Nazionale Puccini curata dall´Istituto di Studi Pucciniani,che ha sede a Lucca.Come replicavano altri interlocutori nel forum,qui si trattava semplicemente di una messinscena che seguiva il piú possibile le indicazioni della partitura.
Da qui poi inizia un dibattito per me abbastanza fumoso sulle motivazioni psicologiche dei personaggi,che io trovo abbastanza irrilevante,come tutti quelli di questo genere.Sapete,i tedeschi sono ottime persone,ma per mentalitá amano discutere sul sesso degli angeli.A me,dei problemi familiari che potrebbero aver avuto Calaf e Liú interessa poco,anche se ammetto che Turandot é effettivamente una psicopatica.Non serve stare a discuterne per delle ore:basta la musica di Puccini a farmelo capire.
Ma tutto questo é comunque interessante per comprendere le ragioni che stanno alla base di certo Regietheater,che nei paesi di lingua tedesca sta arrivando veramente agli eccessi.
Alla base di questo tipo di spettacoli c´é sicuramente la voglia di stupire a tutti i costi,ma soprattutto una ricerca esasperata di aspetti drammaturgici nascosti da evidenziare,che molte volte esistono solamente nella fantasia del regista.Poi,gioca un ruolo importante anche una certa pedanteria nel voler sottolineare tutto,senza lasciare alcuno spazio alla fantasia dello spettatore,che invece gioca un ruolo importantissimo nel meccanismo di una rappresentazione d´opera.Tutto questo potrebbe anche,in teoria,non essere censurabile,a patto di rispettare il buon gusto e il senso della misura e di non dimenticarsi mai che nell´opera la prima cosa con cui si deve fare i conti é la presenza di una partitura che detta le atmosfere e i tempi del gioco scenico.Qualche volta,assistendo a spettacoli di questo tipo,si ha invece l´impressione che il regista consideri la musica come un accessorio irrilevante o addirittura un ostacolo da rimuovere o mettere in disparte.E,badate bene,non é sempre questione di rispetto per l´ambientazione originale.
Willy Decker a Salzburg e Robert Carsen a Venezia ci hanno dimostrato che si puó mettere in scena la Traviata in abiti moderni senza che né il nucleo drammaturgico né la partitura di Verdi siano traditi.Jonathan Miller nel 1986 a Firenze firmava un allestimento di Tosca ambientato nel fascismo repubblichino,che conservava perfettamente l´idea di un potere spietato e feroce,descritto da Puccini a partire dagli accordi del tema di Scarpia che aprono l´opera e percorrono come un incubo tutta la partitura.
Molti registi invece preferiscono trattare l´opera solo come un´occasione per esibire effetti gratuiti oppure una non meglio definita attualizzazione della musica al gusto moderno.Nobile intento,ci mancherebbe,che andrebbe peró perseguito con l´onestá intellettuale di essere coerenti fino in fondo,intervenendo anche sulla partitura,rieleborandola per un organico moderno,magari con gli strumenti elettrici,e presentando il tutto come proprio spettacolo derivato da un´idea di Verdi o Wagner.Lo si é fatto proprio qui a Stoccarda recentemente,con il Fliegende Holländer,e vi assicuro che il risultato era a suo modo godibile.
Se al contrario ci si ripara dietro una partitura di un compositore famoso per raccontare una propria storia,allora l´operazione, prima che antimusicale,é disonesta.
E poi,scusatemi,ma a volte andando all´opera e vedendo un andirivieni di gente in giacca e cravatta o jeans,quale che sia l´epoca rappresentata,ti dá l´impressione che ti abbiano imbrogliato e venduto il biglietto per una prova…
Il problema non é di semplice soluzione se,come testimonia il forum citato,la gente ormai arriva a definire come Originalversion una semplice messinscena tradizionale.Si puó fare del cattivo gusto anche con questo tipo di regie,e certe pacchianate come l´Aida-Barnum di Zeffirelli alla Scala ne sono la testimonianza evidente.Quello che non andrebbe mai perso di vista,come ho cercato di dire,é il senso della misura e il rispetto delle esigenze della partitura.E´solo questo che distingue il regista valido da quello che ha il solo scopo di mettere in evidenza se stesso a scapito del compositore.

Puccini 2008

Mi sembra logico dedicare il primo post al centocinquantesimo anniversario della nascita di Giacomo Puccini.Oggi piú che mai la figura del musicista lucchese si impone per la grandezza e la modernitá delle sue scelte artistiche.C´é voluto del tempo perché la nostra musicologia,spesso piú superficiale ed arretrata di quella anglo- tedesca,arrivasse ad inquadrare nella giusta prospettiva storica e stilistica i drammi musicali di Giacomo Puccini.Oggi comunque molti passi avanti sono stati fatti e ci auguriamo che questo anniversario possa essere occasione di ulteriori contributi di studio.Aspetto le vostre proposte di discussione su questa grande figura artistica